Bombe e fame sui monti di Cava, il diario inedito

Il documento ritrovato e pubblicato dal giornalista-scrittore Di Micco

Cava de' Tirreni 1943, un bambino ed una donna tra le macerie dei portici bombardati
Cava de' Tirreni 1943, un bambino ed una donna tra le macerie dei portici bombardati
di Carla Errico
Sabato 8 Aprile 2023, 03:07
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«E se, essendo vecchi, racconteremo ai nostri nipoti di queste diecimila persone, stanche, affamate, rifugiate sul cocuzzolo di una piccola collina, in mezzo a tante montagne alte squassate dalla mitraglia, rivivremo giornate veramente storiche, e per noi che le abbiamo vissute, indimenticabili. Viviamo la guerra, siamo in prima linea». Sarebbe da far leggere nelle scuole - ancor più ora che il conflitto in Ucraina appare lontano e distante, eppure continua e miete lutti - questo diario scritto da Tina Siniscalco sui ventiquattro giorni vissuti nei pressi dell’Abbazia benedettina di Cava de’ Tirreni nel 1943. Un diario vivido, preciso, doloroso ma sempre lucido che arriva a noialtri posteri grazie all’acume professionale di Gregorio Di Micco, giornalista e scrittore. «Cava 1943 - I giorni del terrore» è il titolo del volume (aggiornato e riedito dopo esser andato esaurito) in cui Di Micco riporta integralmente il diario/testimonianza di Siniscalco, da lui ritrovato in un libro appartenuto a Vincenzo Mascolo, nonno di sua moglie Paola nonchè fratello di quel Luigi che fu nominato sub commissario prefettizio per soccorrere la popolazione dopo i bombardamenti.

La guerra in costiera amalfitana nel libro di Lamberti


Che dire, se non che è una vertiginosa finestra sul baratro della follia bellicida come fu il diario di Anna Frank, ancorchè in questo caso senza sacrificio dell’autrice? Epperò va detto, come fa intuire Di Micco, che la Storia e le storie vanno rammentate sempre, per eventualmente provare ad evitare che se ne riacutizzino errori e brutalità.

E di errori e brutalità è costellata la storia della Operazione Avalanche, quello sbarco alleato sulle coste salernitane che, com’è ormai noto - meglio tardi che mai - ebbe fondamentali ripercussioni sull’esito della seconda guerra mondiale e sugli equilibri internazionali faticosamente costruiti in quel frangente fragile per le comunità colpite oltre che dirimente per le scelte della politica. Storie nella Storia, dunque, qui rievocate dal dolente osservatorio di una napoletana rifugiata a Cava.

Armistizio di settembre, soldati disorientati, la guerra che non ti aspetti e la vita che si stravolge. Migliaia di persone in fuga dalle bombe, l’incubo quotidiano di tapparsi le orecchie e la speranza di sopravvivere alle schegge, portare in salvo qualcosa oltre alla vita. Di Micco si affida, da documentarista/ricercatore, alle testimonianze di chi ha vissuto l’orrore. Nel suo libro c’è un lungo capitolo dedicato alle persone che hanno perso tutto, famiglia, affetti, casa e lavoro e per chiedere aiuto all’Eca, assistenza comunale, formulano un sintetico tragico scenario di vite sopravvissute ma segnate per sempre dalla guerra.

Poi c’è un capitolo che parla della grande capacità di solidarietà ed accoglienza costruita da una comunità di fede e lavoro, e parliamo dell’Abbazia benedettina di Cava de’ Tirreni che neanche dinanzi a bombe e distruzioni - anzi forse ancor più in questo 1943 “del terrore” - si è dimostrata all’altezza della propria vocazione, dando accoglienza a migliaia di persone che ne avevano necessità. Senza distinguere tra nobili e popolani, stendendo entrambi sui materassi nei corridoi. Condividendo il cibo, scarso. E pregando insieme, quando l’abate ed il vescovo di Cava furono entrambi deportati dai soldati nazisti, accusati di filo anglismo per la loro disponibilità ad accogliere chi bussava alla porta. E che festa, su ai monti, quando tornarono incolumi... Sagace cronista, Gregorio Di Micco. Il suo libro gioca d’anticipo sull’imminente profluvio di celebrazioni per gli ottant’anni dallo sbarco degli anglo-americani, raccontando che oltre a Salerno capitale ne furono protagoniste tutte le aree circostanti a cominciare da Cava de’ Tirreni dove Badoglio decise di soggiornare. Sagace anche per la scelta di avvalersi di una puntuale ed approfondita prefazione di Andrea Manzi e di un prezioso contributo scritto da Gigi Di Fiore, autorevole inviato de Il Mattino. Come entrambi testimoniano, la guerra è un dramma collettivo ma nella memoria privata non distingue vincitori e vinti. Al di là della vergogna nazista, che ovviamente non si può smettere di condannare come ricorda l’orrore vissuto da Siniscalco, resta il ricordo del soldato bambino ucciso a Vietri. Era un piccolo tedesco, incolpevole ed inconsapevole come i tanti raccolti cadavere da Mamma Lucia. Se la Storia ha colpevoli e vittime, le (piccole?) storie nutrono pietà per entrambe.

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