Dalla Val d’Aosta a Salerno,
1.000 km in camper per stare col figlio

Dalla Val d’Aosta a Salerno, 1.000 km in camper per stare col figlio
di Viviana De Vita
Sabato 29 Gennaio 2022, 06:25 - Ultimo agg. 14:51
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Lei salernitana, lui valdostano; si incontrano, si innamorano e vanno a vivere insieme tra le vette più alte delle Alpi. L’idillio culmina con la nascita di un bambino ma, con il tempo, qualcosa si rompe e quel sogno d’amore finisce in frantumi. Lei vuole tornare nella sua terra, lui non vuole separarsi dal bambino che, a sua volta, vorrebbe continuare a vivere con mamma e papà. Dopo un percorso di mediazione all’esito del quale viene escluso il trasferimento del bimbo anche al fine di scongiurare viaggi troppo lunghi ma necessari a garantire il rispetto della bigenitorialità, la questione finisce davanti a un giudice che, inaspettatamente, autorizza la donna a trasferirsi al Sud con il figlio. Peccato che il trasferimento comporti non solo uno sradicamento del piccolo dalle sue montagne e dai luoghi dove è nato e cresciuto, ma soprattutto l’allontanamento fisico e affettivo dal padre costretto a macinare mille chilometri per poter incontrare suo figlio. 

È l’ennesima storia di paternità negata quella che vede protagonisti un bambino di soli 6 anni e suo padre Mauro, una guida alpina che, una volta al mese, percorre tutto lo Stivale a bordo del suo camper per poter trascorrere una settimana in compagnia del bambino senza però poter dormire con lui poiché come stabilito dalla Corte d’Appello del tribunale di Torino – sezione Famiglia e Minorenni – il piccolo deve dormire a casa con la mamma. Il calvario dell’uomo, testimoniato anche da una pagina facebook «1000 km dal padre», è cominciato alcuni anni fa in seguito alla rottura della relazione con la compagna causata forse anche dalle profonde divergenze tra i due in merito allo stile di vita che il bambino doveva condurre. Mauro ama la vita all’aperto: insegna al figlio a sciare, a scalare le montagne, a vivere nei boschi e insiste affinché il bambino pratichi più attività sportive. Lei non vorrebbe caricare troppo il figlio. I contrasti divengono insanabili: la donna, che in Valle d’Aosta ha trovato un lavoro come operatrice sanitaria, si sente sempre più sola. Sono proprio le considerazioni del consulente tecnico, confluite puntualmente nel fascicolo, a spingere il giudice al trasferimento: nella relazione il ctu parla del profondo disagio della madre «logorata» da una situazione che non riesce più a gestire nonostante l’ex compagno le abbia lasciato l’appartamento preferendo spostarsi in un’altra abitazione a 4 km di distanza. Nella relazione si fa più volte riferimento al profondo senso di solitudine della donna determinato dalla consapevolezza di non poter fare affidamento su nessuno per la gestione del bambino. Ci sono poi anche una serie di problematiche economiche dalle quali scaturisce, evidenzia sempre il consulente, il patimento da parte della donna per le ristrettezze economiche e per non poter offrire al figlio maggiori opportunità. L’unica soluzione per la madre è tornare a casa dei suoi genitori, a Fisciano, senza però considerare che in tal modo l’intero rapporto tra padre e figlio è compromesso irrimediabilmente. 

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Mauro si oppone in tutti i modi a questa soluzione ma non ottiene nulla. Il giudice acconsente al trasferimento da attuarsi al termine della scuola d’infanzia per non traumatizzare il bambino allontanandolo nel corso dell’anno dai suoi compagni di classe. Nel marzo 2020, però, la situazione precipita: l’emergenza coronavirus impone la chiusura delle scuole e per il giudice non c’è più alcun vincolo al trasferimento che viene immediatamente praticato. Il bimbo dice addio alla sua terra, alle sue montagne e, soprattutto, alla vita quotidiana fatta degli abbracci e delle coccole con il suo papà che, ora, potrà incontrare solo per una settimana al mese. 

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