Il ministro Lollobrigida a Cetara: «Ecco le nuove sfide dell'agricoltura e della pesca»

«L'obiettivo di un'agricoltura sostenibile sul piano ambientale deve essere coniugato con la sostenibilità del reddito»

Il ministro Francesco Lollobrigida a Cetara
Il ministro Francesco Lollobrigida a Cetara
di Nando Santonastaso
Giovedì 19 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:15
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Ministro Lollobrigida, il suo tour di ieri in Campania, tra Cetara e la Valle del Sele rafforza la necessità di sostenere il settore al di là di ogni inevitabile criticità?
«Gli agricoltori, i pescatori, gli allevatori sono i primi ambientalisti. Creano lavoro e tutelano il territorio. Qualcuno ha pensato che in Italia non si potesse creare occupazione e che si dovesse aiutare il Sud solo con l'assistenzialismo. Invece, gli imprenditori agricoli che hanno filiere di successo, investendo sulla qualità creano lavoro e ricchezza che può essere distribuita sui più deboli e su quelli che non possono lavorare».

Questa risposta può essere decisiva anche per combattere lo spopolamento del Mezzogiorno?
«Partiamo dal fatto che i dati sulla diminuzione delle imprese agricole in Italia sono molto negativi. Parliamo di circa un 30% in meno negli ultimi 30 anni. Ma questa percentuale non è omogenea sull'intero territorio nazionale: in Alto Adige siamo a -1,1%, in Lombardia a -25%, al Sud si tocca anche il -40%. In alcuni casi si perdono aziende perché si accorpano tra di loro per diventare più solide, com'è accaduto ad esempio in Germania che ha diminuito il numero ma ha rafforzato il sistema. Da noi non è avvenuto lo stesso: al calo numerico delle aziende non è purtroppo corrisposto un potenziamento del sistema. È un problema che si manifesta soprattutto dove serve più lavoro, come al Sud.

Come fare? Occorre impegnarsi a far crescere la redditività delle imprese che danno lavoro e devono ovviamente pagarlo nel rispetto delle leggi. E la strada per questa crescita non può che essere quella della valorizzazione del prodotto. Obiettivamente ci sono regioni italiane che l'hanno saputo fare meglio, penso al Prosecco in Veneto passato da 1 a 5 miliardi di export. In altre regioni queste scelte non sono state fatte in modo adeguato e bisogna dunque investire. E il Sud anche per questo rimane una risorsa importante».

La Manovra per l'agricoltura italiana che valore avrà?
«Il governo Meloni ha già investito lo scorso anno in maniera piuttosto puntuale accanto alle risorse del Pnrr: sono state operate scelte capaci di rendere effettivamente attrattivo il comparto e altri investimenti arriveranno. Forse non è mai accaduto negli ultimi 30 anni ma già quest'anno confermeremo le risorse del Fondo sull'innovazione tecnologica: per noi l'obiettivo di un'agricoltura sostenibile sul piano ambientale deve essere coniugato con la sostenibilità del reddito perché crea equilibrio sociale. Per farlo è fondamentale investire sulla ricerca e sull'innovazione».

E poi c'è la novità dell'immediato utilizzo delle risorse Pac, la Politica agricola comunitaria, di cui ha annunciato lerogazione: una svolta?
«Esattamente. Per la prima volta in maniera così puntuale, l'Agea (l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ndr) ha messo in campo 2 miliardi e 700 milioni in favore di 772mila aziende agricole di tutta Italia, dando seguito all'impegno del ministero di rilanciare il ruolo dell'Agenzia attraverso una profonda ristrutturazione. Sono tutte aziende che dovevano avere certezze sui tempi di erogazione perché le banche e gli altri enti creditizi non aspettano le date di scadenza. Occorreva dare liquidità a chi ha un'impresa e dimostrare che alle sue spalle c'è uno Stato serio».

È anche una scommessa vinta sulla burocrazia? In Italia si dice che spendere è sempre un'impresa, stavolta invece
«Il nostro ministero è puntuale su tutti i target di spesa, compresi quelli del Pnrr che mi auguro di poter implementare con altri 2 miliardi e 400 milioni, ovvero un altro 30% in più rispetto alle risorse assegnate dal Piano all'agricoltura. Di sicuro anche questi fondi dovranno essere destinati in modo celere: bisogna spendere in tempo e soprattutto bene perché altrimenti le imprese muoiono. E l'Agea, va detto, ha iniziato a cambiare passo: non poteva restare nella percezione degli agricoltori come l'Agenzia che riscuoteva, si fa per dire, l'85% di insoddisfazione degli agricoltori italiani. Dobbiamo invertire il dato e con la conduzione affidata al direttore Fabio Vitale è arrivato il segnale sulla capacità di coinvolgere gli imprenditori che ci aspettavamo».

La guerra in Ucraina prima e ora in Israele: quanto incideranno sul settore in termini di export?
«È certo che incideranno e purtroppo è ormai acquisito che questo genere di impatti negativi andrà a ripetersi. La differenza è nella reazione che dobbiamo avere. Ci si chiude ovviamente subito in casa se c'è un attentato in Francia, in Germania o in Belgio e di conseguenza i riflessi sulla ristorazione e sul consumo dei prodotti agroalimentari Made in Italy all'estero ne risentono. Ma proprio per questo è fondamentale la risposta che uno Stato come il nostro, che dispone di una delle migliori filiere agroalimentari del mondo, deve dare, pianificando le strategie alternative. Ad esempio, penetrando in altri mercati dove esistono nuove possibilità di sviluppo».

L'Ue si è divisa nuovamente sulla pesca: l'Europarlamento ha approvato con il voto contrario dei partiti della maggioranza del governo Meloni un provvedimento che dispone la presenza di telecamere sui pescherecci: perché vi siete opposti?
«Alcuni settori, come agricoltura, pesca e allevamento, sono stati negli anni marginalizzati perché si pensava che smettendo di produrre in Europa si potesse comprare a basso costo da altre nazioni che non sono certo un modello quanto a sfruttamento dei lavoratori o mancato rispetto delle normative ambientali. La guerra in Ucraina ha fatto capire a tutti che se ti affidi a chi non ha i tuoi stessi valori e le tue stesse istituzioni democratiche, finisci da un giorno all'altro per pagare tutto quello che pensavi di avere risparmiato, dall'energia ai fertilizzanti. Senza trascurare il rischio, connesso, di non poter più fare impresa o di vedere limitata la libertà degli Stati. Questa lunga premessa per far capire perché noi chiediamo da tempo all'Europa che bisogna tornare ad investire in questi settori».

A partire dal mare?
«Proprio così. Abbiamo registrato un decremento delle marinerie del 28% in Europa negli ultimi 30 anni ma del 40% in Italia. Sono stati sommati oneri su oneri in un settore che non veniva considerato strategico, al quale eravamo quasi pronti a rinunciare. Anche il voto dell'altro giorno all'Europarlamento va letto in questa chiave. Noi diciamo che se bisogna aggiungere nuovi oneri ai pescatori bisogna compensarli per ripagarli almeno delle spese aggiuntive che dovranno sostenere. I nostri pescatori sono già in ginocchio, più di questo non possono fare. L'Italia è molto chiara: difendiamo pesca, agricoltura e allevamento come asset strategici per il Paese e senza alcuna incertezza». 

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