Strappata ai genitori accusati di violenza
e poi assolti: «Dov'è ora nostra figlia?»

Strappata ai genitori accusati di violenza e poi assolti: «Dov'è ora nostra figlia?»
di Viviana De Vita
Domenica 5 Gennaio 2020, 06:40 - Ultimo agg. 08:46
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Quando fu tolta ai suoi genitori, accusati ingiustamente di averla messa in vendita attraverso un grosso giro di pedofilia, aveva solo 13 anni. Oggi ne ha 22 ma, di lei, la sua famiglia ha perso ogni traccia. Affidata per alcuni anni all’insegnante che la sostenne durante il percorso che culminò con le false denunce, la ragazzina finì in una comunità perché l’affido non andò a buon fine. L’inchiesta, che culminata nel 2010 fece finire in carcere da innocenti, per 9 lunghissimi mesi e con l’infamante accusa di violenza sessuale, il padre, il fratello e un vicino di casa della ragazza, si concluse solo sei anni dopo. Troppi, per decretare un’archiviazione perché contro gli indagati non c’era nemmeno una prova. Troppi, perché, intanto la ragazza aveva raggiunto la maggiore età e, libera di andare dove volesse, lasciò la comunità e di lei non si è saputo più nulla. 

Per quel gravissimo errore giudiziario che ha distrutto la vita di un’umile famiglia di pescatori di Cetara, si è finalmente aperto, davanti al giudice Maria De Falco, del tribunale civile di Napoli, il procedimento a carico del presidente del Consiglio dei Ministri al quale spetta risarcire il danno in base alla cosiddetta legge Vassalli che sancisce il principio della responsabilità civile dei magistrati. Intentato dalla famiglia della ragazza, rappresentata dall’avvocato Antonio Bruno, il processo mira ad ottenere il risarcimento per tutte le conseguenze derivate da quell’inchiesta sbagliata che ha spezzato il legame tra una figlia e i propri genitori. 

È infatti la legge numero 117/1988 a stabilire che «chiunque abbia subito un danno ingiusto a causa di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non». In base al principio della «responsabilità indiretta», sancito proprio dalla cosiddetta legge “Vassalli” «il cittadino che ha subito un danno ingiusto a causa del magistrato dovrà agire esclusivamente nei riguardi dello Stato, il quale si rifarà in un secondo momento sul giudice responsabile». Nel lungo e articolato atto di citazione, suddiviso in tre punti in cui sono indicati i principali errori della Procura, il legale non ha indicato una cifra rimettendo al tribunale la valutazione della gravità del danno racchiuso in una drammatica domanda: «Quanto vale una figlia?».
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