Salerno, beni confiscati: solo 6 comuni su 27 non pubblicano i provvedimenti

Secondo il report di Libera “RimanDATI” tutte le provincie campane vengono premiate per pubblicità ai siti cofiscati

Il fondo Nappo a Scafati
Il fondo Nappo a Scafati
Giovedì 18 Aprile 2024, 15:55 - Ultimo agg. 16:04
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Più che sufficiente il livello di trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni comunali campane. In Campania su 140 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati (in totale sono 1.860 i beni destinati), il 66% dei comuni pubblica l’elenco sul loro sito internet ( lo scorso anno la percentuale era del 56%).

Libera presenta la terza edizione di “RimanDATI”, il Report nazionale che indaga lo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e, quest’anno, anche con un prezioso contributo di ISTAT. 

Il Report è stato realizzato grazie ad oltre 100 volontari in tutta Italia, che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto al termine del quale si è creata una squadra di 41 persone, tutte attive a rilevare il livello di trasparenza degli enti locali.

Questa la situazione nel Salernitano:  in provincia sono 6 i comuni che non pubblicano informazioni su un totale di 27 comuni. Buona la fotografia per ciascuna provincia campana: su 11 comuni della provincia di Avellino sono 4 i comuni che non pubblicano elenco; in provincia di Benevento su 6 comuni 2 non pubblicano. Nella provincia di Napoli, su 50 comuni destinatari di beni confiscati, 19 non pubblicano nulla mentre nella provincia di Caserta su 45 comuni sono 4 quelli inadempienti. La Regione Campania con un ranking regionale pari a 72.3 è al di sopra della media. 

«I dati presentati - commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera - dimostrano la forza della comunità monitorante di Libera, che trova corrispondenza nei risultati raggiunti.

Riteniamo fondamentale che accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati e delle informazioni sui patrimoni confiscati siano elementi di primaria importanza.

In questo contesto, la trasparenza deve essere considerata anch’essa un bene comune, confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli enti locali di mettere a disposizione di tutte e tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco.

Stiamo attraversando un periodo in cui dal governo arrivano segnali contrastanti sul sostegno agli enti locali: basti pensare a tutte le misure definanziate all’interno del Pnrr, fino ad arrivare al disegno di legge sull’autonomia differenziata, che bloccherebbe lo sviluppo di intere aree del nostro Paese. Inoltre, sempre di più prende piede un approccio privatistico al tema del riutilizzo dei beni confiscati: nel dibattito pubblico si parla del tema della vendita e della rimodulazione delle misure di prevenzione, si banalizzano le criticità che affliggono la materia e si rafforza la brutta abitudine a piegare i numeri ai propri fini.

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Messaggi che convergono su una lettura superficiale e ingiusta, a partire dalla quale si getta un discredito generalizzato su uno strumento che, invece, ha consentito una vera e propria rivoluzione. Lo ribadiamo con forza e convinzione: combattere le mafie e la corruzione vuol dire attivare percorsi di giustizia sociale e farsi gambe per i diritti dei cittadini e delle comunità».

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