Finì al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Speranza di Battipaglia in condizioni disperate perché la sua mamma, tossicodipendente, gli aveva somministrato sin dalla nascita del metadone per far fronte alle crisi di astinenza del neonato.
Era l’estate 2019 e il piccolo aveva appena 50 giorni: a distanza di quattro anni, quella vicenda per la quale il bambino è prima finito in una struttura e poi è stato affidato ad una famiglia, sta cominciando a chiarirsi davanti ai giudici.
Il processo a carico dei genitori, un 35enne marocchino e una 37enne georgiana da anni residenti a Battipaglia accusati entrambi di aver somministrato al figlioletto sostanze oppiacee, è entrato nel vivo con la testimonianza di un medico del dipartimento dipendenze patologiche dell’ospedale di Battipaglia che fu consultato in occasione del ricovero del bambino. Il professionista ha confermato la presenza del metadone nel sangue del neonato, come riscontrato in seguito alle analisi effettuate. Ha inoltre sostenuto che, in generale, quando un bambino assorbe sostanze stupefacenti dal feto materno, alla nascita può avere crisi di astinenza. È stato questo il caso del piccolo battipagliese i cui interessi sono rappresentati nel processo dall’avvocato Luca Monaco (gli imputati sono invece difesi dagli avvocati Fava e Inghilleri). «In questi casi - ha spiegato il medico - proprio per far fronte alle crisi di astinenza è prevista dopo la nascita la somministrazione di piccole dosi di metadone, da diminuire gradualmente nel tempo».
I fatti risalgono al periodo compreso tra giugno e luglio 2019 ma vennero a galla solo la notte del 28 luglio quando i genitori del piccolo, resisi conto che il bambino era in preda ad una crisi più forte del solito, capirono che da soli non avrebbero potuto salvargli la vita. Così portarono il neonato al pronto soccorso di Battipaglia dove, proprio la madre, spiegò ai medici di aver somministrato al figlio del metadone per calmare le sue crisi di astinenza. Il neonato fu salvato in extremis e, immediatamente, la Procura aprì un fascicolo, uno presso il tribunale ordinario, l’altro presso il tribunale per i minorenni, per far luce su tutti gli aspetti della vicenda. Le indagini permisero subito di accertare che la madre del bambino, affetta da gravi problemi di tossicodipendenza, aveva partorito circa due mesi prima in casa anche perché era priva del permesso di soggiorno e dei regolari documenti.