Ravello, la storia di Vincenzo: travolto da un bus dopo 5 anni la sua tesi parla del trauma subito

La storia di Vincenzo Serretiello di Ravello: dall'incidente alla tesi di laurea

Vincenzo Serretiello
Vincenzo Serretiello
di Emiliano Amato
Lunedì 30 Ottobre 2023, 06:10 - Ultimo agg. 13:33
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Sono trascorsi cinque anni da quell’11 luglio del 2018, quando ad Amalfi un pullman turistico schiacciò contro la ringhiera un ragazzo di 17 anni che stava camminando a bordo della strada statale 163. Le sue condizioni, disperate per le gravissime conseguenze all’addome, alla colonna vertebrale e al bacino, avevano fatto pensare anche al peggio. Ma Vincenzo Serretiello di Ravello ce l’ha fatta e dopo quell’estate trascorsa al “Ruggi d’Aragona” di Salerno e un lungo periodo di riabilitazione anche all’estero, è tornato a camminare. A vivere. La sua è una storia di coraggio e forza di volontà, doti che gli hanno permesso di superare gli ostacoli che ha incontrato sulla sua strada. Giovedì scorso Vincenzo, ragazzo costumato e determinato, ha conseguito la laurea triennale in «Scienze delle attività motorie, sportive e dell’educazione psicomotoria» discutendo la tesi dal titolo «Aspetti fisiopatologici di un trauma». L’elaborato si basa sulla sua personale esperienza: il disturbo post traumatico da stress e gli approcci terapeutici, con la foto dell’incidente in evidenza. Concorde la commissione esaminatrice nell’attribuirgli la massima valutazione di 110 con lode. La storia di Vincenzo è un’autentica testimonianza di speranza, anche per chi non crede nei miracoli. Perché non è detto che non possano avvenire. 

Un risultato che assume un valore speciale. A chi dedichi questo traguardo? 
«Innanzitutto ai miei genitori e a mio fratello che mi sono sempre stati accanto in ogni momento della mia vita, soprattutto in quelli difficili. Ma anche agli altri familiari, amici che hanno pregato per me e a tutti i medici, infermieri e terapisti che mi hanno aiutato nel mio percorso di guarigione. Al momento della proclamazione ho pensato a tutti loro e che questo mio risultato potesse essere un buon modo per ringraziarli per quanto hanno fatto per me». 

Quel giorno maledetto ti ha cambiato la vita e oggi possiamo gioire. 
«Quell’11 luglio ha segnato la mia vita.

Lo ricordo come se fosse oggi e come ho sempre fatto, cerco di parlarne con leggerezza e con l’ironia scaccio via le emozioni negative. Ma in quel periodo pensavo che non sarei mai uscito da quell’incubo. Tengo sempre a mente le parole che ho letto in un libro mentre preparavo la tesi: “Se nella vita esiste un qualunque significato, allora deve esistere un senso anche alla sofferenza... perché la sofferenza è una componente inestirpabile della vita”. Mi rendo conto della fortuna di essere qui oggi, quando penso che in costiera altre persone vittime di incidenti non ce l’hanno fatta. Un pensiero speciale va quindi alle loro famiglie». 

Come stai oggi, come ti senti? 
«Sto bene e soprattutto mi sento bene, ed è una sensazione che sto riscoprendo negli ultimi tempi e penso che per tutti non debba essere una cosa data per scontata. Purtroppo non ho ancora una buona capacità deambulativa per via dell’incidente e di conseguenza molte delle cose che facevo in passato, non posso ancora farle». 

Quali tra tutte? 
«Ho sempre coltivato la passione per lo sport, per le corsa atletica soprattutto. I miei impedimenti mi hanno portato a scoprire una nuova passione, quella del bodybuilding, alla quale dedico molto del mio tempo sia con l’allenamento che con il mio nuovo stile di vita». 

Quali sono i tuoi prossimi progetti? 
«Questa laurea è il primo degli obiettivi che mi ero prefissato. Sto già pensando al mese prossimo, quando inizierò il mio nuovo percorso triennale per diventare terapista, sempre all’Unisa, questa volta con sede a Baronissi. Sono infatti riuscito a superare, fortunatamente e con non pochi sacrifici, anche il test d’ingresso di professioni sanitarie».

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