Sarà la Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno a coordinare le indagini sulla gambizzazione del figlio del boss Serino, avvenuta nella notte tra martedì e mercoledì a Sarno.
Alla luce di quello che viene definito “spessore criminale” della vicenda e della storia della vittima del ferimento, la Dda ha avocato a sè le indagini sulle quali vige il più stretto riserbo. L’attenzione sarebbe rivolta proprio allo scenario criminale territoriale, tenendo conto anche di alcune vicende dei mesi scorsi, con sparatorie in pieno centro e raid di veri e propri commandi armati.
L’agguato a Gianluigi Serino, detto ‘o Pope, 40 anni, sarebbe stato ripreso dalle telecamere di un sistema di videosorveglianza privato. Potrebbero emergere da altre immagini registrare dettagli utili per risalire anche alla targa dell’auto dalla quale è stato fatto fuoco con una pistola. Sarebbero stati sentiti anche alcuni testimoni e residenti.
Continuerebbe, invece, ad essere poco collaborativo il 40enne ferito, già ascoltato dai carabinieri ai quali avrebbe riferito di non essersi neppure accorto di essere stato attinto da un colpo di pistola. Contorni poco chiari di quello che sembra a tutti gli effetti un raid punitivo. Si lavora anche all’identificazione delle persone che erano in compagnia del 40enne e che lo hanno accompagnato in ospedale.
Da una prima ricostruzione Serino si trovava nella centralissima via Piave, a pochi passi da casa sua quando un’utilitaria avrebbe percorso la strada a gran velocità rallentando in prossimità di un noto bar. Dall’abitacolo sarebbe stato esploso il colpo di pistola, forse solo uno, che ha attinto il 40enne alla gamba sinistra.
Non ci sarebbero dubbi sul fatto che l’obiettivo fosse proprio Serino, volto già noto alle forze di polizia, e figlio di Aniello, 79enne storico boss di Sarno, legato a Carmine Alfieri, tuttora in carcere. Il sospetto è che la vittima dell’agguato sappia molto più di quanto dica, i silenzi e l’atteggiamento quasi ostile avallerebbero questa ipotesi. Al triage dell’emergenza urgenza il 40enne avrebbe raccontato di non sapere come si fosse ferito.
Una versione che non ha convinto i sanitari che hanno subito capito si trattasse di una ferita da arma da fuoco (vista anche l’individuazione dei fori di entrata ed uscita del proiettile) richiedendo l’intervento dei carabinieri.