Ucciso a colpi di casco, la Cassazione: «Rivedete la pena per l'imputato»

Ucciso a colpi di casco, la Cassazione: «Rivedete la pena per l'imputato»
di Nicola Sorrentino
Domenica 11 Novembre 2018, 12:46
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NOCERA INFERIORE. La condanna a 18 anni inflitta a Francesco Paolo Ferraro, accusato di omicidio preterintenzionale per la morte del 21enne Dario Ferrara, colpito due volte con un casco da motociclista, va rivista perchè "i giudici di secondo grado non hanno valutato i motivi attenuanti specificamente indicati". Lo ha motivato la Corte di Cassazione, annullando la sentenza d'appello del Tribunale di Salerno e rimettendo il nuovo giudizio alla Corte d'Assise d'Appello di Napoli. In quella sede, andranno rivalutate le attenuanti generiche non concesse in secondo grado all'imputato. Nulla ha invece riferito la Cassazione sulla parte relativa alla responsabilità di Ferraro. Il ricorso presentato dalla difesa, infatti, presenta "ricostruzioni di ineccepibile rigore logico". Quello che manca nelle due sentenze sono le giustificazioni sul potere discrezionale del giudice, nel momento in cui inquadra il calcolo ben oltre i minimi previsti per il reato. Considerare le attenuanti generiche è stata una circostanza ignorata da entrambi i giudici di primo e secondo grado. In questi termini, anche la mancata confessione di Ferraro, che aveva esercitato il suo diritto di difesa dichiarandosi innocente, rientra pienamente - come scrive la Cassazione - nell'esercizio del diritto di difesa, che in quanto tale non sono valutabili.

La Corte suprema ha preso in considerazione anche le aggravanti che hanno fatto lievitare la pena da quattordici a diciotto anni, "cancellando" l'assistenza dell'imputato alla vittima, dopo che fu colpita, l'interesse per le sue condizioni in ospedale e la presentazione alle forze dell'ordine, il giorno dopo, con il casco utilizzato durante la colluttazione. "Tutti elementi che dovevano essere apprezzati positivamente", dice la Cassazione, con una pena più mite. Ancora, non sarebbe ravvisabile la premeditazione, in quanto manca la motivazione legata all'oggetto usato durante la colluttazione tra i due giovani: il casco. Un oggetto che si usa per la guida di motocicli e quindi non da ritenere come arma preordinata. L'aggressione tra i due avvenne il 29 aprile 2015: dietro quel litigio un piccolo debito di droga. L’imputato giunse sul posto in sella ad uno scooter. Secondo due sentenze, si sarebbe avvicinato a Dario, per poi aggredirlo dopo un rapido scambio di battute. Il giovane sarebbe stato colpito due volte alla testa con un casco. Fu soccorso dallo stesso amico, che allertò anche i soccorsi. Il 21enne entrò in coma per tre giorni, senza mai più svegliarsi e morendo nella notte tra il terzo e il quarto giorno. 
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