Vassallo, l'accusa della figlia
al colonnello dei carabinieri

Vassallo, l'accusa della figlia al colonnello dei carabinieri
di Petronilla Carillo
Lunedì 5 Settembre 2022, 07:57 - Ultimo agg. 11:32
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SALERNO Dodici anni oggi. Dodici anni di bugie, silenzi, ritardi ed omissioni. Ancora luci ed ombre sull'assassinio del sindaco pescatore di Pollica, Angelo Vassallo. E le ombre sono tutte lì, in quei verbali datati 2010, e ora rispolverati dal procuratore capo di Salerno, Giuseppe Borrelli, e dal sostituto della Dda, Marco Colamonici. Nove, ricordiamo, le persone iscritte a luglio scorso dall'Antimafia salernitana sul registro degli indagati. Contestato l'omicidio per il tenente colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, ed i militari dell'Arma Luigi Molaro e Lazzaro Cioffi, quindi per l'imprenditore dell'Agro Giuseppe Cipriano e per i due Ridosso (Romolo e Salvatore); associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga, invece, per i fratelli Palladino (Domenico, Giovanni e Federico) - imprenditori di Pollica - ai quali il 9 agosto scorso è stato sequestrato lo stabilimento Caleo ad Acciaroli, indicato nelle carte della procura come possibile punto di arrivo dei gommoni dei narcotrafficanti. Ai tre carabinieri, invece, è stata contestata anche l'accusa di depistaggio.

È del 7 luglio scorso l'informativa dei Ros consegnata all'Antimafia di Salerno, nella quale si evidenzia come, il 23 novembre del 2010 proprio la figlia della vittima, sentita in procura, abbia raccontato di un suo incontro con Cagnazzo avvenuto pochi giorni dopo la morte del padre. «Ritenni - si legge nel verbale di interrogatorio di Giusy Vassallo - di informare Cagnazzo di quanto avevo appreso da Cillo (immobiliarista ed amico-confidente di Angelo Vassallo, ndr) e da Francesco (il suo ex fidanzato, ndr). Ovvero che lui c'entrava con la morte di mio padre». Giusy Vassallo, secondo quanto riportato nelle carte della procura, avrebbe avuto una relazione con il colonnello dei carabinieri. «Ricordo - si legge ancora - che nell'occasione erano presenti Fabio Cagnazzo e Gino Molaro. La reazione di quest'ultimo mi sorprese. Dissi a Cagnazzo che avevo saputo che lui e Domenico Palladino c'entravano nella morte di mio padre. A queste mie parole seguì la reazione strana di Gino Molaro, che si irrigidì e sbiancò. Diversamente, Cagnazzo si mise a ridere e mi disse di andare a riferire queste cose alla procura. Molaro non disse nulla e, tuttavia, mi colpì il suo atteggiamento perché assunse l'espressione del viso tipica di chi si sente scoperto. Ricordo che l'episodio in questione è avvenuto nell'appartamento che Molaro occupava al residence «Le tre palme» dei fratelli Palladino. Ricordo che eravamo seduti e dopo che ebbi a dire quello che avevo appreso, avendo notato l'atteggiamento di Molaro temetti in quel momento che potesse prendere la pistola e spararmi. L'espressione di Molaro mi colpì ancora di più per il fatto che apparentemente non c'entrava niente nelle accuse di Cillo, tant'è che avevo pure riferito la frase «il cane è coperto e il primo palo sta inguaiato» che, come ho già dichiarato, si riferiva esclusivamente a Cagnazzo e Domenico Palladino. Dopo il gesto di Molaro io mi allontanai dal balconcino e Gino mi disse «vieni con me».

Risposi «dove andiamo» e Gino mi condusse fuori. Fui contenta perché in quel momento mi venne una sorta di tachicardia, tanto che Fabio Cagnazzo mi invitò ad entrare nel suo appartamentino e mi mise i polsi sotto l'acqua per farmi riprendere, Fabio volle che gli spiegassi bene quello che avevo saputo e mi chiese anche da chi lo avessi saputo».

Cillo, secondo la procura, avrebbe raccolto le ultime confidenze della vittima che aveva scoperto un giro di droga con base ad Acciaroli e nel quale sarebbe stato coinvolto anche il colonnello.

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C'è anche un'altra giovane donna che spunta in quella informativa. Si chiama Roberta Basile, conosceva Cagnazzo in quanto amica della ex moglie e fu, secondo quanto riferito nella sua testimonianza, «utilizzata» dall'ufficiale come «copertura» quando si presentò sul luogo del delitto poco dopo. La sua testimonianza è più recente. «Quando arrivò la telefonata (quella dell'omicidio del sindaco, ndr) ero seduta al bar Arcobaleno a giocare a carte con Fabio Cagnazzo e altri ragazzi. Fabio disse: ok arrivo. Il tutto avvenne nella massima freddezza da parte sua tanto che, quando mi invitò a seguirlo senza indicarmi dove saremo andati, io acconsentii tranquilla che non si trattasse di nulla di strano o tanto meno drammatico, come poi sperimentato. Non ho appreso nulla da Cagnazzo fino al momento in cui, dopo aver parcheggiato la sua decappottabile, praticamente dietro l'auto ferma sulla stradina di campagna, sono scesa e ho constatato che vi era una persona immobile e che era successo qualcosa di grave. Non ho neanche capito che si trattasse di Angelo Vassallo. L'unica cosa che ricordo è la presenza di Federico (Palladino, ndr) e di Valentina (Reielli, ndr) disperati e di altre persone che non conosco. Non vi nascondo che la risposta che mi sono data in questi anni è che forse a Fabio Cagnazzo in quel momento servisse un testimone».

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