Avere a che fare con Luciano De Crescenzo era un piacere. Se gli chiedevi di scrivere un articolo per il giornale, se gli proponevi un'intervista, non si negava mai. A volte rispondeva per iscritto, e ogni pensiero era una perla di sintesi, un lampo di ironia. Sempre preciso, veloce e impeccabile, come quei calcolatori con cui trafficava nella sua prima vita da ingegnere. Ma nessun calcolatore, naturalmente, avrebbe potuto riprodurre la verve di Luciano filosofo e divulgatore sopraffino, la sua leggerezza profonda a prova di ossimoro, la sua abilità nel tenere insieme l'alto e il basso, la sua ammirevole capacità di farsi capire e amare da tutti. L'idea di pubblicare in un libro i suoi scritti per «Il Mattino» dal 1979 agli anni Duemila diventa, allora, non solo un modo di rendergli omaggio a due anni dalla scomparsa, ma anche un viaggio nella sua e nella nostra memoria di abitanti della città-mondo dai mille volti. E non basta.
Luciano De Crescenzo, storie d'amore e di libertà, curato a quattro mani da Federico Vacalebre e da chi scrive, edito da Guida nella collana «Ieri, oggi e domani» e distribuito oggi, 16 luglio, gratuitamente in allegato con il giornale (solo in Campania), unisce alle sue riflessioni sui temi più disparati le testimonianze dell'amatissima figlia Paola, i ricordi degli amici di una vita Renzo Arbore e Marisa Laurito, Marina Confalone e Geppy Gleijeses, e di quelli più recenti, ma non meno importanti, come Alessandro Siani, che con lui ha scritto l'ultimo libro, Napolitudine, un'intervista a Maurizio Costanzo che intuì la forza dell'autore di Così parlò Bellavista già ai tempi di «Bontà loro», le letture sulla sua copiosa produzione, che oggi si direbbe crossmediale, firmate dal direttore Federico Monga, da Massimo Adinolfi, Valerio Caprara e Marco Ciriello, impreziosite da un inedito di De Crescenzo su Carosone e la sua scanzonata ironia assunta a maestra di vita.
Luciano trasformava ogni argomento di cronaca in un pretesto per scardinare le finte certezze dei luoghi comuni, proprio come faceva con gli allievi della sgangherata agorà indottrinata dal professor Bellavista.
Nelle interviste che completano il libro, il quarto dopo i successi editoriali dei volumi dedicati a Pino Daniele, Giancarlo Siani e Diego Armando Maradona, De Crescenzo predicava la sospensione del giudizio e il distacco dalla passione. Spiegava: «L'ingegnere non si entusiasma». Non era superstizioso, ma credeva nella fortuna. A novant'anni, aveva conservato uno sguardo celeste da ragazzo. Diceva che il segreto della felicità è «restare normali» anche in presenza di accadimenti straordinari. E questo ha testimoniato, vivendo.