Prostata, quei rischi
sottovalutati dai 40enni

Prostata, quei rischi sottovalutati dai 40enni
Lunedì 2 Agosto 2021, 18:24 - Ultimo agg. 15 Agosto, 23:01
2 Minuti di Lettura

Negli ultimi 15 anni si è riusciti a far passare il concetto che prevenire il tumore al seno significa salvarsi la vita, ma non si può dire altrettanto per il cancro alla prostata. «Purtroppo, non c'è ancora quell'attenzione che ci consentirebbe di risolvere chirurgicamente la malattia nella maggior parte dei casi», spiega il chirurgo specialista in Uro-oncologia Giovanni Di Lauro, che spiega le analogie tra le due patologie:

«Sono entrambi tumori endocrino sensibili. Hanno meccanismi d'azione simili e simili approcci terapeutici». Ciò che differisce, avverte Di Lauro, che è anche primario di Urologia all'ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, è la mancanza di un marcatore tumorale specifico perché il Psa non può essere considerato un marker tumorale per il cancro della prostata: in diversi casi si può avere un carcinoma prostatico anche in assenza di elevati livelli di Psa. «Negli ultimi anni - dice Di Lauro - stiamo assistendo in Campania a un aumento delle diagnosi di tumore alla prostata e troviamo neoplasie aggressive e già ad uno stadio avanzato. Ciò rende spesso il Psa inefficace, perché si ha una minore rappresentazione ematologica». Semplificando un po', si può dire che il Psa è un marcatore d'organo, perché nei tumori di alto grado le cellule oncologiche sono altamente indifferenziate, non assomigliano più alle cellule originarie, dunque non c'è produzione di questo antigene che può trarre in inganno. Non a caso, i ricercatori di tutto il mondo stanno cercando di identificare un marcatore specifico.

«La diagnosi precoce - ricorda Di Lauro - è l'unica arma veramente efficace». Ma, sempre più spesso, i pazienti sono giovani: «Anche 45enni, uomini colpiti dalla malattia e a volte già in stadio avanzato». Ad incidere il contesto ambientale, ma soprattutto l'alimentazione.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA