Brando De Sica: «La mia favola dark ambientata a Napoli»

Vampiri, freaks e malavita si incontrano in «Mimì, il principe delle tenebre»

Domenico Cuomo nel film
Domenico Cuomo nel film
di Alessandra Farro
Sabato 11 Novembre 2023, 10:51 - Ultimo agg. 10:57
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Vampiri, freaks e malavita si incontrano in «Mimì, il principe delle tenebre», l'esordio alla regia del quarantenne Brando De Sica, figlio di Christian, nipote di Vittorio. Nel cast, il napoletano Domenico Cuomo (Cardiotrap in «Mare fuori»), la quindicenne Sara Ciocca (Elisa in «Blanca»), Mimmo Borrelli e Giuseppe Brunetti (al cinema anche con «Comandante» di Edoardo De Angelis). Mimì (Cuomo), un giovane orfano che lavora come tuttofare in una pizzeria nel centro storico di Napoli, affetto da una grave malformazione ai piedi, incontra Carmilla (Ciocca), un'adolescente dark, convinta di essere una discendente diretta del conte Dracula. I due sognatori decidono di fuggire insieme, lontano dalla società moderna, crudele e senza speranza. Il film, prodotto da Indiana Production, Bartleby Film e Rai Cinema, nelle sale dal 16, sarà presentato a Napoli il 19 al cinema Posillipo alle 18.30 alla presenza del regista e del protagonista.

De Sica, che fa, scardina la commedia e la tinge di horror nel suo esordio?
«Ho questa storia in testa da più di 10 anni.

Stavo quasi per girarlo 8 anni fa, poi ho avuto dei problemi con la produzione. Dopo un momento di sconforto, mi sono fatto coraggio e ci ho riprovato. Sono molto felice di esserci riuscito. Il mio primo film non poteva che richiamare a certe suggestioni. Sono cresciuto a pane e horror, tra i film sul conte Dracula e "La notte dei morti viventi" di George Romero. Ho sempre subito il fascino delle storie fantastiche, gotiche, che vadano oltre la realtà conosciuta».

Chi è Mimì?
«Un ragazzo in fuga dalla realtà, alla ricerca di un sogno e della propria identità. Succede a tutti nella fase della pubertà: non sappiamo ancora chi siamo siamo composti da tanti "io" e li esploriamo: ergiamo corazze per difenderci, il mondo ci spaventa, cerchiamo un baricentro che ci dia equilibrio, come fa Mimì con i suoi piedi deformi. Ed è esattamente quello che succede ai due protagonisti. Mimì, in particolare, ha molti punti in comune con Pinocchio, compiono entrambi un viaggio iniziatico verso la conoscenza di se stessi, lo stesso viaggio che ho compiuto anche io realizzando questo film».

Dalla storia alle ambientazioni, il film è napoletano al cento per cento. Ma lei non è un romano doc?
«Questa storia non poteva essere girata che a Napoli: la tomba di Dracula è nel complesso di Santa Maria La Nova».

Si dice, non c'è nessuna prova.
«Comunque, tutta la città è ricca di magia, esoterismo, storie e miti. A Napoli non ti senti mai solo, perché la città stessa ti avvolge in un caldo abbraccio. È contaminata da varie nature, si alternano tra i suoi vicoli sacro e profano, luce ed ombra, e tutto è imbastito di cultura, passione, magia ed umanità. Oltretutto da parte di padre conservo delle origini salernitane e da parte di madre, con mio nonno Mario Verdone, origini bacolesi. I napoletani sono i miei preferiti tra gli italiani. Spero di lavorare a tantissimi film a Napoli, non voglio diventare un regista italiano, ma un regista napoletano. Ho già in mente un'altra storia da ambientare in città».

Il film è dedicato ai sognatori?
«Non esiste sonno senza la veglia, come non esiste un film che racconti una sola storia, la trama sarà sempre infarcita di dettagli, caratterizzazioni, mescolanze. Nella mia si fondono diversi generi, come negli adolescenti si incontrano diversi "io". È un film horror ma anche onirico sentimentale ma anche di formazione. Questo è un film sull'importanza dei sogni e la fuga dalla realtà, una ballata di sognatori».

Lei è nato in una famiglia di artisti, l'hanno incoraggiata a intraprendere questa strada?
«La passione per il cinema è nata indipendentemente dalla mia famiglia. Come la suora è devota a Dio, io sono devoto al cinema. Ho collezionato vhs da piccolo, poi dvd. Vivevo nei cineclub alla scoperta dei film nuovi e d'autore. Sentivo crescere in me l'esigenza di raccontare le mie storie attraverso questo mezzo straordinario che è il cinema, che mette a disposizioni tutte le altre arti a servizio di una. Parli attraverso la sceneggiatura, vedi attraverso gli effetti speciali, la scultura, la scenografia. È l'unica arte che ti permette di esprimerti a 360 gradi. Come diceva François Truffaut, ogni film è come un viaggio in carovana, all'inizio sembra un'avventura fantastica, poi cominci a chiederti se arriverai mai a destinazione. Io credo che il viaggio valga sempre la pena di essere vissuto».

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