Gomorra senza censura, domani la nuova edizione del capolavoro di Garrone: «L'attualità di una favola nera»

Gomorra senza censura, domani la nuova edizione del capolavoro di Garrone: «L'attualità di una favola nera»
di Titta Fiore
Giovedì 15 Aprile 2021, 08:00 - Ultimo agg. 18:54
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A tredici anni dal trionfo di Cannes (Gran Premio della giuria, testa a testa con «Il Divo» di Paolo Sorrentino che si aggiudicò il Prix du Jury) e dal successo ottenuto in ogni parte del mondo, «Gomorra» torna in una nuova veste. Una New Edition del capolavoro di Matteo Garrone che domani sera andrà in onda su Raitre in prima serata e poi su Raiplay, disponibile da ieri in dvd e blu-ray, distribuito da Eagle Pictures per 01. Dice il regista: «Ho inserito dei cartelli esplicativi all'inizio di ciascuno dei cinque racconti, aggiunto inquadrature dei luoghi per contestualizzarli meglio, ho rifatto sette scene, cinquanta tagli e scorciato il film di dieci minuti. Interventi fondamentali e al tempo stesso invisibili». Perché ha deciso di rimetterci mano? «Ho visto il film con mio figlio Nicola di dodici anni, era molto colpito, spiazzato, a tratti non capiva bene di cosa si trattasse. Così ho pensato a una nuova edizione in modo da far rivivere Gomorra per un pubblico diverso, giovane e curioso di riscoprire la sua attualità, la sua eterna contemporaneità». 

Le storie del sarto che insegnava ai cinesi a falsificare gli abiti made in Italy, di Maria rintanata nelle Vele di Scampia, di Ciro il pagatore di «mesate», di Toni Servillo stakeholder nella Terra dei fuochi, di Marco e Pisellino, aspiranti camorristi con il mito di Scarface fatti fuori a colpi di ruspa resistono al tempo che passa, spiega Garrone, perché affrontano temi universali come l'infanzia violata, la difficoltà del vivere, la violenza che permea la vita quotidiana e i conflitti socio-economici: «Gomorra è una grande fiaba nera con un potenziale visivo importante e un realismo che sconfina nella fantascienza. È un archetipo che rimanda a una tragica realtà, e colpisce qualsiasi spettatore con il racconto dell'umanità a tratti disumana dei suoi personaggi.

Per questo ho voluto far conoscere il film ai ragazzi che hanno visto solo la serie tratta dal libro di Roberto Saviano. E ringrazio ancora Fandango per avermi dato l'opportunità di girarlo».

Come andò, lo racconta il produttore Domenico Procacci: «Con la nostra casa editrice avevamo in lettura il libro in bozze. Ci piacque immediatamente, ma alla fine se lo aggiudicò Mondadori. Noi, però, appena possibile prendemmo i diritti di sfruttamento e lo proponemmo a Garrone, che aveva già fatto con Fandango L'imbalsamatore». Da lì è cominciato tutto. Racconta il regista, che sul set a Scampia incontrò anche la madre di suo figlio, Nunzia De Stefano, oggi apprezzata cineasta: «All'epoca, con Procacci avevamo anche pensato di farne una serie, ma i tempi non erano maturi. Avrei realizzato volentieri una prima e seconda parte, girando in sequenza e quasi in presa diretta i due film, come un viaggio all'interno di un mondo che attraversavamo da invisibili. Dopo sarebbe stato impossibile tornare in quei luoghi con la stessa freschezza. Mi resta la sensazione di non aver esplorato come meritavano tanti altri temi del libro, penso alla drammatica storia di Don Diana e alla parte femminile della camorra». Oggi, con l'exploit delle piattaforme, si sente pronto per la serialità? «Non lo escludo a priori, ma amo andare controcorrente, per il momento non se ne parla, ho voglia di fare un film per il cinema e spero che le sale riaprano al più presto, ho questa idea romantica». Sta già lavorando a un progetto? «Niente di preciso, e se fosse non ne parlerei per scaramanzia, diciamo che cerco una storia capace di farmi innamorare». 

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Intanto, il suo «Pinocchio» con Benigni-Geppetto e Federico Ielapi nei panni del burattino andrà all'Oscar, candidato per trucco, parrucco e costumi con Mark Coulier, Dalia Colli, Francesco Pegoretti e Massimo Cantini Parrini: «Sono due nomination storiche per un film italiano indipendente, senza major e supporter hollywoodiani alle spalle, una cosa simile non accadeva da una cinquantina di anni e mi godo questa felicità». Comunque vada, essere in gara a Los Angeles, la sera del 25 aprile, sarà un successo. Presentato in cinquecento sale, con un doppiaggio in inglese, «Pinocchio» si è fatto notare nel circuito mainstream, ed è un bel passo avanti per il futuro del nostro cinema. Deluso per la mancata candidatura del film all'Oscar da parte dell'Italia? «Non farei mai questa polemica, sarebbe di pessimo gusto». 

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