«1987, primo scudetto del Napoli: il mio film portafortuna»

Nelle sale "Piano piano", l'esordio di Prosatore

Una scena del film
Una scena del film
di Alessandra Farro
Domenica 19 Marzo 2023, 11:08
4 Minuti di Lettura

Il primo scudetto del Napoli, i walkman, i jeans a vita alta, i capelli cotonati e i test sul «Cioè» per scoprire se gli piaci davvero: Nicola Prosatore, napoletano, classe 1979, Nastro d'argento per il miglior corto con «Destinata Coniugi Lo Giglio», sposta indietro le lancette del tempo fino al 1987 con il suo primo film «Piano piano», nel cast Antonia Truppo, Giovanni Esposito, Lello Arena, Giuseppe Pirozzi (Micciarella in «Mare fuori») e l'esordiente Dominique Donnarumma. Colonna sonora di Francesco Cerasi, girato a Chiaiano e prodotto da Briciolafilm con Rai Cinema in associazione con Eskimo e in collaborazione con Soulmovie, il film è appena arrivato nelle sale.

Anna (Donnarumma) è una tredicenne che vive con la mamma Susi (Truppo) in una palazzina popolare a Capodichino, che di lì a pochi mesi sarà sfollata per far posto alla sopraelevata dell'asse mediano.

Sta attraversando la fase di transizione tra l'infanzia e l'adolescenza: i primi tentativi di truccarsi sabotati dalla mamma che la rimprovera e le lava il viso, la prima sigaretta che la madre fumatrice le schiaccia al suolo, e la prima fuga da casa, che la porta a conoscere il suo vicino e coetaneo Peppino (Pirozzi), che è obbligato dal padre magliaro (Esposito) ad obbedire al boss della palazzina Don Gennaro (Arena). Anna lo segue e scopre che il ragazzo porta da mangiare a un uomo, detto il Mariuolo, rinchiuso nel bel mezzo del nulla in una capanna fatta di lamiere.

Prosatore, lei ambienta il film nel 1987, porterà fortuna al Napoli?
«Mi piacerebbe poter dire di essere stato una sorta di profeta, indovinando l'anno e l'uscita del film, ma non è così, anche se spero che arrivi il terzo scudetto. Lavoro al progetto da otto anni, tutto nasce da una piccola scintilla autobiografica, che mi faceva piacere raccontare. Io ero più piccolo di Anna nell''87, ma ricordo quel periodo, che ho scelto perché rappresenta il momento in cui cominciavano a svilupparsi un certo benessere, un certo tipo di moda e un certo tipo di musica. Ho cercato di rispettare gli anni Ottanta anche nella colonna sonora che ha i sintetizzatori e le sonorità di quel tempo e negli oggetti di scena, come nel caso della tastiera che suona Anna, che è davvero del''87. Ho deciso di mettere in scena quello spaccato attraverso il mio micromondo condominiale, quando ancora si spiava dalla finestra il ragazzo della palazzina che ti piace: l'esatto opposto di quello che viviamo oggi. I social a quel tempo erano rappresentati dal guardarsi intorno, senza puntare il naso su uno schermo».

Un racconto nostalgico, ma anche critico verso le nuove generazioni?
«Ho un ricordo vivido di quell'età: guardavo fuori dalla finestra i ragazzi più grandi, mi preparavo alla mia vita da adolescente studiandoli, guardando cosa facevano e dove andavano, li osservavo fumare e mi preparavo alla mia avventura. Sono di piazza del Gesù e conosco tutti, alcuni non lo sanno neanche, perché io li spiavo per crescere. Questa dimensione idealizzante si è persa, oggi si spia comunque l'altro, ma attraverso un oggetto e in maniera globale. Questo ti porta a combattere una guerra impari: spii un ragazzo di Tokyo, di New York o di Mosca che avrà un background totalmente diverso. Quello che voglio fare nel film non è una critica, ma toccare lo stimolo d'osservazione che si ha a quell'età».

Il Mariuolo nella storia è la miccia che innesca il disincanto negli occhi da bambina di Anna?
«Lei è incuriosita da questa persona e dai suoi movimenti. Una volta che scopre che Peppino si prende cura di un uomo nascosto, resta affascinata dalla dinamica. Il Mariuolo rappresenta l'adulto, la sessualità. Per quanto lui sia un personaggio oscuro, diventa una sorta di vertice per la crescita dei ragazzi. Infatti, ho affidato a lui la poetica del film, nel momento in cui domanda ad Anna e a Peppino: "Che fretta avete di crescere? Dove correte? Gli adulti non fanno sempre una bella vita"».

Opposto è il ruolo di Susi, che vuole trattenere Anna nell'infanzia e alle sue condizioni.
«Come tutti gli adulti, Susi vuole che Anna sia come vuole lei. Le dice di sapere cosa sia meglio per lei, Anna deve suonare la tastiera e andare via da quel posto. I figli sono il desiderio del futuro che i genitori non hanno avuto».
 

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