Venezia, Sollima e Roma criminale: «Racconto il declino senza redenzione»

Applausi per il terzo film italiano in gara

Il regista Sollima
Il regista Sollima
di Titta Fiore
Domenica 3 Settembre 2023, 09:28 - Ultimo agg. 13:58
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Tre superstiti della banda della Magliana, tre vecchi arnesi malandati che un tempo avevano fatto tremare Roma. Un ragazzo ricattato in fuga. Una città in fiamme che brucia, letteralmente brucia nei quartieri dormitorio della periferia, immersa in giorni lividi scanditi dai blackout. Stefano Sollima, il migliore dei nostri registi d'azione, porta alla Mostra, in gara per il Leone d'oro, un poliziesco crepuscolare accolto da dieci minuti di applausi. Un film di genere, ma intimista («attenzione, il cinema è sempre di genere» avverte il regista che non ama le etichette). «Adagio», titolo buono per tutte le lingue dei paesi in cui il film verrà distribuito, gioca su ritmi serrati e sentimenti ancestrali. Sul rapporto tra padri e figli e sulla vita e la morte che si intrecciano per una serie di stupide casualità. O, per dirla in altro modo, perché il destino quando meno te lo aspetti torna a bussare alla porta. 

Un cast stellare con Toni Servillo, Pierfrancesco Favino, Valerio Mastandrea e Adriano Giannini per una storia che chiude idealmente la trilogia del regista iniziata con «Acab» e «Suburra».

E per Sollima un ritorno a casa dopo gli anni americani. «Il film è un atto d'amore per Roma, che mi era mancata» dice. «L'ho trasformata come si deve sempre fare in un racconto cinematografico, ma gli incendi, i blackout che potrebbero sembrare elementi distopici, sono richiami a una realtà degradata che ci è vicina e ormai riguarda tutti i grandi spazi metropolitani del mondo. Siamo a Roma, ma potremmo essere a New York come a Mumbay».

Toni Servillo è Daytona, un anziano che trascina i suoi giorni farneticando di numeri e ricordi accudito dal figlio, l'esordiente Gianmarco Franchini, fino a un sorprendente cambio di passo. Favino, il Cammello, è uscito da poco dal carcere perché malato terminale di cancro. Mastandrea, detto Pol Niuman, è diventato cieco. Ancora il regista: «Racconto il declino inesorabile, struggente, di tre ex leggende della Roma criminale alla ricerca di una redenzione impossibile. Ma c'è uno spiraglio di luce: la nuova generazione». Dice Servillo: «È il mio primo film con Sollima e sono rimasto ammaliato dal soggetto e dal lavoro sul set. Non avevo mai fatto un personaggio di questo tipo, e l'ambiguità è una condizione particolarmente affascinante per un attore, tantomeno avevo recitato in romanesco prima d'ora, mi hanno aiutato i colleghi e il macchinista, che è stato il mio coach. Ci siamo molto divertiti». Chi sono Daytona e i suoi compari? «Sono animali feroci vissuti secondo certe regole che vogliono rispettare sapendo di andare a sbattere contro un destino inevitabile. Sono uomini che si ritrovano a fare i conti con se stessi e fanno di tutto per mantenere quella libertà scellerata che hanno avuto da giovani».

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Quali indicazioni vi ha dato Sollima? «Abbiamo parlato molto, c'era la grande gioia di recitare, di divertirci, di giocare, come dicono gli inglesi definendo il nostro mestiere. E la gioia è contagiosa. Il cambio di registro? Non ci sono trucchi che si possano insegnare, c'è un grande tumulato interiore in chi fa questo lavoro, l'importante è saperlo mettere a disposizione di chi lo governa con affetto. Allora un attore riesce a muoversi come un pesce in un acquario».

«Adagio» è il terzo film girato da Favino con Sollima. Ormai si intendono con uno sguardo. «Stefano permette a un attore di gestire lo spazio scenico in modo diverso e questo è molto importante» spiega. «Il mio personaggio? L'ho immaginato come un cane randagio che si prepara a morire in solitudine. Poi arriva una guerra antica che gli fa scorrere di nuovo l'adrenalina nel sangue, si sente ancora forte e virile e per un'ultima volta vuole contare qualcosa nella vita. L'aspetto interessante è che nel cinema di Stefano non c'è mai redenzione, in questo è un vero regista punk». Calvo per la chemioterapia, gonfio e stanco, nei panni del Cammello Favino è irriconoscibile: «Cinque ore di trucco, e non è che agli altri andasse molto meglio. Ogni tanto ci guardavamo: "Madonna, come ci hanno combinati".

Per Gianmarco Franchini, vent'anni fra un mese, grande fan di «Romanzo criminale», il film è stato un regalo: «Non ero intimorito, sentivo l'eccitazione, mi è piaciuto». Sulla scia del passaggio di «Ferrari» di Michael Mann alla Mostra, Favino torna a chiedere che i personaggi italiani nei film stranieri vengano recitati da italiani: «Dobbiamo una volta in più fare sistema». «Adagio», prodotto da The Apartment del gruppo Fremantle, Vision, Alterego in collaborazione con Sky e Netflix, arriverà in sala il 14 dicembre. Perché è così attratto dal noir, Sollima? «Perché è narrativamente interessante. Osservare il male ci aiuta ad esorcizzarlo, come nelle favole».

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