Willem Dafoe, film per amore: «Io, come Frankenstein»

Scienziato folle in «Povere Creature!»

Una scena del film
Una scena del film
di Titta Fiore
Sabato 20 Gennaio 2024, 09:12
5 Minuti di Lettura

Alla galleria di personaggi estremi, grandiosi nelle passioni e nella furia che ha interpretato nella sua lunga carriera, tra «Platoon» e «L'ultima tentazione di Cristo», Willem Dafoe aggiunge ora un Creatore folle, lo scienziato sfigurato e delirante del nuovo film di Yorgos Lanthimos, «Povere Creature!», che ha vinto a furor di popolo il Leone d'oro a Venezia ed è lanciatissimo agli Oscar con i massimi favoriti «Oppenheimer» e «Barbie» dopo il trionfo ai Golden Globes. Nel film, una dark comedy visionaria che rivisita al femminile il mito di Frankenstein, in uscita il 25 gennaio con Walt Disney Italia, Dafoe è il professor Godwin Baxter, per gli amici God (ovvero dio), che ridà vita a una creatura molto speciale, Bella, interpretata da una straordinaria Emma Stone, seguendola in un sorprendente viaggio di formazione. La crescita emotiva, la libertà sessuale e la sete di sapere della ragazza incantano gli uomini che incontra e, non ultimo, lo stesso professore che l'ha modellata.

«Ecco, questa è la maggiore differenza tra la nostra storia e quella di Frankenstein» dice l'attore a Roma, dove vive la maggior parte dell'anno con la moglie italiana, la regista Giada Colagrande: «In quel caso lo scienziato prova una sorta di repulsione verso la Creatura cui ha dato vita, nel film di Lanthimos quasi se ne innamora ed è felice di darle una nuova chance.

Il mio personaggio ha una profonda fede nella scienza e, attraverso i suoi esperimenti, crede di poter regalare a se stesso e agli altri una seconda vita. Non sarà etico, ma dal suo punto di vista è entusiasmante».

In una travolgente avventura da un continente all'altro, incurante dei pregiudizi del suo tempo, Bella difende i principi di uguaglianza ed emancipazione delle donne. Ne fanno le spese gli uomini che incontra, tutti meschini e inadeguati. «In effetti il film racconta con sottile humour maschi molto oppressivi» continua Dafoe. «Allo stesso tempo, mostra come la capacità sessuale delle donne sia molto superiore alla nostra, e questa è una delle ragioni per cui gli uomini hanno fatto di tutto per tenerle sottomesse tanto a lungo. Oggi siamo nel pieno di un cambiamento epocale, le donne hanno una posizione diversa e migliore rispetto all'altro sesso, forse vent'anni fa questo film non sarebbe stato accolto allo stesso modo. Non so come finirà e non me la sento di parlare per gli altri, faccio già fatica a cercare di salvare me stesso. Del resto, anche nel film la protagonista si salva da sola, mi fa piacere aver partecipato a una storia così potente di riscatto femminile».

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Essere nato in una famiglia di medici lo ha aiutato a costruire il personaggio dello scienziato-chirurgo? «Sono cresciuto tra ferri chirurgici e terapie, da bambino accompagnavo mio padre nel giro di visite e ho fatto anche il portiere nella sua clinica. Tutto questo mi è servito per il ruolo? Forse no, ma è stato molto utile alla mia crescita. L'idea delle malattie non mi ha mai fatto paura». Dafoe, che presto vedremo anche nel film di Saverio Costanzo «Finalmente l'alba», ha ricevuto da poco una stella sulla Wall of Fame di Hollywood e non nasconde l'emozione: «È stata una bellissima cerimonia con tanti amici, Pedro Pascal e Patricia Arquette hanno fatto meravigliosi discorsi, mi sono sentito parte di una grande comunità, il che non è scontato quando ti muovi tra major e produzioni indipendenti. Ero commosso, e anche un po' seccato all'idea che quel pezzo di marciapiede mi sopravviverà, sarà ancora lì quando io non ci sarò più».

Per calarsi nei panni del professor Baxter si è sottoposto a sedute di trucco lunghe sei ore: «L'ho fatto e lo rifarò, il trucco è uno strumento fantastico per un attore. Nascondersi dietro una maschera aiuta a liberare le emozioni del personaggio». E com'è stato lavorare con Lanthimos? «È un regista che crea un mondo e ti invita ad entrarci, poi sta a te reggere il gioco, lui si limita ad osservarti e a dare qualche indicazione con un po' di humour». Quanto a Emma Stone, «Lanthimos la considera la sua musa, tutto il racconto era incentrato sul suo personaggio, noi eravamo lì per sostenerla e appoggiarla. E lei è stata fantastica, non ha mai atteggiamenti da diva, è disponibile e di grande talento. È stato un set molto felice». Dopo aver lavorato con grandi maestri, da Scorsese a Cronenberg, da Lynch a Von Trier, ha ancora sogni nel cassetto? «Diciamo che ho dei desideri, ma una bella proposta vale molto di più. Mi piace condividere i progetti, per me creare un personaggio non è mai stata un'operazione di puro narcisismo».

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