Capossela: «Le mie bestie al San Carlo»

Capossela: «Le mie bestie al San Carlo»
di Federico Vacalebre
Giovedì 17 Ottobre 2019, 08:53
3 Minuti di Lettura
La premessa, innanzitutto: «Visto che al San Carlo hanno fischiato persino Enrico Caruso posso ritenermi assolto in partenza». Scherza, Capossela, stasera all'Ariston di Sanremo per ricevere la Targa Tenco per il miglior album dell'anno, lunedì sul palco del teatro più bello del mondo con le canzoni di quel disco, «Ballate per uomini e bestie».

Iniziamo dal Tenco, Vinicio? A Sanremo, su quel fronte sei di casa: hai vinto per la tua opera prima («All'una e trentacinque circa» nel 1991 ed altre volte per il miglior disco dell'anno: «Canzoni a manovella» (2001), «Ovunque proteggi» (2006) e «Marinai, profeti e balene» (2001). Solo Conte, De André, De Gregori, Fossati e la Mannoia ne vanno vinto più di te, sei. Intanto, l'edizione 2019 parte stasera tra le polemiche.
«Ho letto e capisco che ai familiari di Tenco non siano andati giù quei neologismi barbari di AperiTenco e MovidaTenco, ma, invece, non mi unisco al coro di quanti sono scandalizzati dalla presenza di Achille Lauro, dal fatto che canti lui la sigla tradizionale di apertura, Lontano, lontano: è affidata a un artista, e lui lo è. Poi il discorso sulla canzone d'autore, e anche il Tenco che ne è passerella privilegiata, è un altro».

Vogliamo farlo?
«Facciamolo, anzi rifacciamolo. Il problema non è tanto il Tenco, ma i cantautori: dove sono, chi sono, chi stabilisce chi è cantautore e chi no? Io ho avuto la fortuna di affacciarmi su quella ribalta quando c'era ancora il profumo della carboneria di Amilcare Rambaldi e della sua confraternita del rossese, quando la coda della stagione storica lasciava il posto a quella semistorica... Non erano importanti solo i premiati, i dischi dell'anno, i padri del cantautorato italiano, che comunque ormai erano stati sdoganati, andavi all'Ariston anche per vedere personaggi straordinari, che altrimenti non avresti mai ascoltato dal vivo, almeno in Italia: Brassens, Atahualpa Yupanqui, Trenet... a me Tom Waits ha cambiato la vita. E c'erano progetti importanti: partecipando al tributo a Vladimir Vysotsky ho scoperto un artista importante davvero».

 

Quindi?
«Quindi ogni epoca ha la sua colonna sonora, non è questo il problema, quanto che ognuno di noi, riconoscendo il proprio campo di gioco, cerchi anche sul fronte della cultura di non inseguire l'apocalisse prossima ventura».
Apocalisse e pestilenza sono alla base delle emozioni violente alla base delle «Ballate per uomini e bestie» che porterai al San Carlo.
«È la mia opera, mettiamola così. Dobbiamo comprendere che in quei teatri lirici in cui oggi si cantano capolavori dalle parole antiche, che in pochi capirebbero senza un libretto, hanno debuttato un tempo pagine popolari nel vero senso della parola. Librettisti a parte, quelle melodie e quelle storie accendevano i cuori della gente. Cosa che provo a fare anche io».
Che concerto ascolteremo, e vedremo?
«Provo a mettere in scena una wunderkammer che parte dalle grotte dell'inizio dell'avventura umana sino all'apocalisse dell'antropocene in corso. Porterò su quel palco prestigioso storie di uomini e bestie, di uomini che sarebbe ingiusto dire che assomigliano a bestie, perché queste sono innocenti rispetto a loro. Storie di bestialità, che è lo stato a cui regrediamo quando ci si consegna alla legge di natura, alla logica del capobranco, agli istinti più bassi, dal razzismo alla guerra, dalla violenza sugli umani alla distruzione del pianeta».
Istinti animali?
«Loro, gli animali, di nuovo non hanno colpa, nemmeno del fatto che noi per descrivere il peggio, e i peggio, tra di noi, attingiamo al loro mondo: troie, porci, sciacalli... Grufoleremo nel porcile umano di cui scrisse Pasolini, balleremo la danza macabra che sfiora l'ultimo tabù che ci è rimasto, la morte: mai esposta, come oggi, eppure rimossa nella sua essenza, fisica e non. Anche per questo mi piace Napoli dove c'è sempre un ponte tra i vivi e i morti, tra terreno e ultraterreno, tra colto e popolare, tra alto e basso... Anche per questo sono grato a Napoli che tanto, e da tanto, ha creduto in me, concedendomi anche spazi inattesi, come Santa Maria della Sanità, San Domenico Maggiore, il Maschio Angioino, sino all'onore del San Carlo. Non so come ringraziare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA