David Bowie, 50 anni fa Ziggy cambiò faccia al rock

David Bowie, 50 anni fa Ziggy cambiò faccia al rock
di Federico Vacalebre
Domenica 1 Maggio 2022, 11:00
4 Minuti di Lettura

Il 28 aprile 1972 chi voleva capire capì: «Starman» era arrivato sul mercato dei 45 giri ad annunciare una rivoluzione: glam, glitter, spaziale... Il messaggio, a essere sinceri, non era chiarissimo: chi era che interrompeva le trasmissioni radiofoniche per raccontare la storia di un Uomo delle stelle promettendo salvezza al pianeta Terra, ormai condannato? Un extraterrestre, come a molti piacque credere? O, piuttosto, il suo messaggero terreno?

Il 16 giugno «The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars» arrivò a chiarire/complicare le cose, ma, soprattutto a far sognare una, anzi più, generazioni.

David Robert Jones (Londra, 8 gennaio 1947 New York, 10 gennaio 2016) era già diventato David Bowie per non essere confuso con il Davy Jones dei Monkees.

Era al quinto lp, il disco con il suo nome del 1967, «Space oddity» del 69, «The man who sold the worl» (70) e, soprattutto, «Hunky dory» (71) avevano iniziato a diffondere il suo verbo, la sua scelta di identità mutante.

Allievo di Lindsay Kemp, devoto a Stanley Kubrick, ma soprattutto attratto dal «wild side» frequentato da Lou Reed e Iggy Pop, ispirato dall'amico Marc Bolan, Bowie era pronto per una trasformazione fulminante. Ziggy's era una sartoria il cui nome conteneva quello dell'adorata Iguana di Detroit. Stardust rimandava a Norman Carlo Odam, alias il Legendary Stardust Cowboy, padre dello psychobilly (qualcuno ricorda «Paralysed»?). 

Il concept album era un musical mancato, ma mai davvero inseguito. Nel 1969 l'uomo era sbarcato sulla luna, David aveva già iniziato la sua personale odissea nello spazio ma ora faceva sul serio. La storia, appena adombrata, era quella dell'ultima rockstar prima dell'Apocalisse. Al suo fianco ci sono i Ragni di Marte, band poderosa, che dal vivo regalava al sound profondità e messinscena che su vinile sono imbrigliate: Mick Ronson, Trevor Bolder, Woody Woodmansey. Ballate melodiche e rock più corposi, cover blues e suoni saturi preparavano l'apoteosi di «Rock and roll suicide», con annesso funerale della cultura glam. Il rock di Marte lunare aveva il suo Pierrot lunare. Quando Ronson, chitarra assassina, conquistava il palco a gambe divaricate, David gli dava la caccia lui si negava, ritornava, ammiccava, si faceva sopraffare, afferrare per le natiche, per il sesso, mentre la sua Gibson piangeva e barriva note interstellari.

«Ziggy suonava a tempo, facendoci ballare come fossimo voodoo», cantava David, fiero dell'immagina costruita: «L'idea era quella di ottenere un look a metà tra Malcolm McDowell con un occhio mascarato e un insetto. Era un incrocio tra Ragazzi selvaggi di William Burroughs e Arancia meccanica». Nessuno era mai stato fluido come lui, che si era da poco sposato con Angela per dichiararsi poi omosessuale e mettere quindi al mondo Zowie (Z come..., Putin non c'entra). 

Video

Difficile oggi vivere la «fluidità» ostentata con buona educazione dai Maneskin come qualcosa di serio, di non derivativo, o dare retta ad Achille Lauro, che al Sanremo 2020 presentò una sua performance come un omaggio a vestiti e acconciatura di Ziggy Stardust, ma in realtà aveva attinto al videoclip di «Life on Mars?», che sta in «Hunky dory», lp del 1973. A quel punto David aveva già ucciso Ziggy, aveva appena annunciato la decisione di ritirarsi dalla scene, per fortuna mantenuta solo per tre mesi.

«Starman», «Suffragette city», «Soul love», «Lady Stardust» avevano regalato al rocker londinese la consapevolezza di poter entrare e uscire da personaggi che si sarebbe costruito su misura, dal Duca Bianco al detective Adler. Camaleonte pirandelliano, uno, nessuno e centomila, ma soprattutto tutti noi, Bowie decise di scegliere travestimenti che ogni volta richiedevano una rivoluzione sonora, un rinnovamento artistico.

A 50 anni dal suo capolavoro, già in passato ripubblicato in versione espansa, il 17 giugno, un giorno dopo il compleanno esatto, «The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars» sarà ripubblicato in vinile dalla Parlophone: come edizione limitata (anche in picture disc) incisa a velocità dimezzata su lp e picture disc, e nella versione originale con una copia del poster promozionale dell'album. Una pietra miliare della cultura pop, imitata da centinaia di band e di musicisti, ma anche fonte di ispirazione per stilisti, registi, performer, artisti... Nel luglio 1973 Ziggy andò in pensione dopo un'ultimo show all'Hammersmith Odeon di Londra. Cinquant'anni dopo sembra un giovanotto, beato lui. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA