Claudio Monteverdi reloaded con Salvio Vassallo e Valentina Gaudini

Valentina Gaudini e Salvio Vassallo
Valentina Gaudini e Salvio Vassallo
di Federico Vacalebre
Domenica 18 Aprile 2021, 23:36 - Ultimo agg. 19 Aprile, 12:52
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Salvio Vassallo è tra quegli artisti napoletani il cui lavoro finisce per non emergere come dovrebbe, forse anche per un suo difetto di protagonismo. Ex session man pop, batterista, compositore, titolare di uno studio di registrazione al Vomero, Vassallo lavora da un po' di tempo sulla riscrittura in chiave moderna di pagine antiche: la canzone napoletana reloaded di «Il tesoro di San Gennaro», misconosciuta perla di inizio 2013, ora il repertorio di Claudio Monteverdi (Cremona, 9 maggio 1567 Venezia, 29 novembre 1643), per molti il papà dell'opera grazie a «L'Orfeo» (1607), uno dei primi melodrammi della storia.

«Arie, lamenti & other noises», album appena uscito, finora solo in versione digitale con la Rif Records e disponibile su Bandcamp, copertina griffata Giovanni De Angelis, è un cortocircuito spaziotemporale costruito su synth analogici, campionatori e computer.

Valentina Gaudini, con voce che non cerca il belcanto ma ne (con)divide le stimmate, quando non le sottopone al trattamento vocale dei filtri elettronici, canta, come prevederebbe il libretto, di amore, vendetta, passione, destino...

Archetipi lasciati intatti da un trattamento electro, distorto e compresso che immerge in una consapevolezza dark e postindustriale pagine eufoniche d'altri tempi, che trovano nuovo splendore e diversa inquietudine, che rinunciano all'equilibrio apparente per propendere per uno squilibrio accettato come valore.

L'iniziale «Si dolce è l tormento», un madrigale del 1614 di cui già si impadronì anche Angelo Branduardi, valorizza nuance sadomasochistiche creando subito un problema di definizione: elettronica? neoclassica? Suoni da post-genere, con tappeti sonici su cui la voce galleggia come tortura amorosa, come sussurro pornoromantico, con la complicità del violino molto distorto di Caterina Bianco.

«Orpheo» dice addio alla polifonia su cui era fondata per riempirsi di cupe vampe, di intermittenze liquide, di suoni concreti, di un'orgia di campioni di riferimento, quasi che l'avanguardia storica riesca finalmente a interloquire con quella, molto meno ideologica e più disinvolta, contemporanea (Vassallo si è occupato anche delle folksongs di Berio in «Remembering the future»). Le accelerazioni ritmiche portano Monteverdi al confine della edm, o, forse, portano la edm al cospetto di un colosso sonoro come Monteverdi, sia pur tra glitch ed interferenze di ogni tipo.

Smontata la messinscena melodrammatica - facile immaginare uno sviluppo visual del progetto, in sintonia con quanto visto nei video di accompagnamento di «Il tesoro di San Gennaro» - ci si domanda se l'operazione sia o meno lecita. Se un bordone doloroso possa essere steso sotto l'incanto di quella «Lettera amorosa», dedicata nel 1619 a Caterina de' Medici, duchessa di Mantova e Monferrato, magari azzardando paragoni alle consuete monodie su basso continuo. Se il «Lamento della ninfa» del 1630 possa giovarsi di una ritmica incalzante, di un basso (Dario Mancuso) un po' funky e molto rock, lontano dallo spirito originale, ma forse nemmeno tanto. Se il «Lamento di Arianna», unico brano superstite di un'opera andata persa ma all'epoca celeberrimo («non è stata casa la quale avendo cembali e tiorbe in casa non avesse il Lamento di Arianna» riferiva il Bonini), possa conciliare in una sola ugola moltiplicata le cinque per cui era stata composta. Se il processo melismatico di «Zefiro torna» possa suonare come un trapper munito di autotune e godere di architetture iterative e minimaliste. Se la chitarra acustica trattata (Ernesto Nobili) scelta come nudo quanto scabroso accompagnamento di «Pur te miro», il duetto finale di «L'incoronazione di Poppea», sia scelta più o meno provocatoria del resto dell'operazione.

La voce della Gaudini è protagonista assoluta - è lei anche quando vi sembra un uomo o un castrato - a cui piace naufragare nel mare del Monteverdi rivisto e scorretto dal marito.

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