Franco Ricciardi sold out a Napoli: «Tutto in una notte, canto la mia storia»

Franco Ricciardi sold out a Napoli: «Tutto in una notte, canto la mia storia»
di Federico Vacalebre
Sabato 2 Luglio 2022, 08:02 - Ultimo agg. 3 Luglio, 09:00
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Quella di Francesco Liccardo è una favola vera, urban(a), costruita con il sudore e l'ostinazione, che i soloni della Napoli snob continuano a non (ri)conoscere. Settimo di otto figli, è partito da Secondigliano per vincere due David di Donatello con le sue canzoni per il cinema, senza mai voltare le spalle al suo pubblico - popolare, popolarissimo - che si è innamorato di lui quando, preso il nome d'arte di Franco Ricciardi, è stato tra i protagonisti del mucchio selvaggio neomelodico, seguendolo poi in un percorso di consapevolezza sonora, sociale, culturale, forse persino politica. 

 

Ecco, Franco, stasera all'Arena Flegrea la tua festa è davvero soprattutto quella del tuo pubblico.
«Sì, un po' lo è ogni volta che mi esibisco, su un palco prestigioso o a una cerimonia privata: il mestiere di chi canta ha senso solo quando c'è chi ascolta.

Ma stasera è speciale: è la mia prima volta all'Arena, in un mese abbiamo fatto sold out ed avverto attorno a questo concerto un'atmosfera bella, leggera. Abbiamo voglia di ritrovarci, vogliamo prenderci tutto subito per paura che domani possa arrivare qualcuno/qualcosa a togliercelo. Il dopoCovid, e speriamo di esserne usciti davvero, assomiglia al dopoguerra del racconto dei miei nonni: è carpe diem, è rimonta».

Come convivono i brani degli inizi neomelodici con quelli della tua trasformazione in icona urban?
«Bene, mi sembra, è un po' come riassumere tutta la mia vita/carriera in una notte, in una scaletta. Le canzoni possono avere diversi vestiti, proprio come una bella donna che rinnova il suo look o il colore dei capelli, ma restando la stessa. Se metto mano ai miei pezzi degli anni 90 ne rispetto sempre la melodia e la velocità, ritoccandone arrangiamenti, umori, colori».

Che succede, ad esempio, con «Mia cugina»?
«Oggi è un pezzo decisamente rock, immaginario che funziona con quella storia di fronte del palco, eccitazione, sorprese nel camerino...».

Ospiti?
«Sì, certo. Un compagno di strada fedele come Ivan Granatino, la voce sensuale della nuova Napoli da esportazione di La Nina. Enzo Dong. Andrea Sannino naturalmente: in un mese la nostra Te voglio troppo bene ha già superato i tre milioni e mezzo di visualizzazioni. E non è finito l'elenco: un quintetto d'archi, i trenta percussionisti dei Pegaonda con cui metterò mano, a proposito di riletture, a Cuore nero».

Il pezzo antirazzista che conquistò le attenzioni di 99 Posse e Jovanotti.
«Sì, ci sono un po' di sorprese, penso al numero che ho preparato con Ida Rendano, un mash up tra Luvammo tutte e cose a miezz' e Madama blu, quasi un ponte gettato tra due stagioni musicali». 

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