Laura Pausini a New York: «Trent'anni dopo mi regalo una follia»

La lunga attesa dei tre concerti estivi in piazza San Marco a Venezia e in plaza de Espana a Siviglia

Laura Pausini a New York
Laura Pausini a New York
di Andrea Spinelli
Martedì 28 Febbraio 2023, 12:33
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Tutto in un giorno. Tre decenni di carriera, ventisette classici, un inedito, centottanta minuti di musica. E nove ore d'aereo. Quelle che ieri hanno portato Laura Pausini dal palco dell'Apollo di New York, reso leggendario a suo tempo da James Brown, a quello del Music Station di Madrid, l'hub-creativo del gruppo Warner realizzato nell'ex stazione Nord della capitale spagnola, al teatro Carcano di Milano.

Oltreoceano l'ugola di Solarolo ha attraversato i suoi anni Novanta («La solitudine», «Strani amori», «Tra te e il mare»), in Spagna i Duemila («Resta in ascolto», «Io canto», «Invece no») e al Carcano i Duemiladieci («Lato destro del cuore», «Io sì», «Scatola») chiudendo la partita a mezzanotte «come Cenerentola». Ventiquattro ore esatte: «Ho passato due anni a piangere su me stessa, con mille dubbi e poco sostegno da parte del vecchio management della casa discografica...

Oggi inizia una nuova storia», dice. «Questo 27 febbraio molto speciale, questa maratona, è il regalo sono fatta per un anniversario molto speciale: i miei trent'anni di carriera. Una scelta fatta anche per darmi un po' di coraggio. In questi ultimi anni non sapevo cosa ci fosse dietro l'angolo, ma ora ho ritrovato la voglia di scoprirlo».

«L'America», spiega, l'ho scelta «perché mi permette grazie a New York di cantare nelle 5 lingue che ho imparato con i miei viaggi e il mio lavoro, nella Grande Mela da sempre trovo un pubblico multietnico che mi permette idealmente di salutare tutti gli Stati americani del Nord e del Sud». Poi la Spagna: «Quando vengo qui mi sento come a casa, non vorrei mai andare via», dice in perfetto spagnolo dal palco di Madrid, piazza che conosce bene anche per partecipazioni televisive come quelle a «The Voice Spain» o «X-Factor Spain». E finalmente Milano: «Beh qui non devo mica spiegare perché mi sento a casa, no?». 

Tutto nell'attesa dei tre concerti estivi in piazza San Marco a Venezia (30 giugno, 1 e 2 luglio) e in plaza de Espana a Siviglia (21-22 luglio) e poi del tour invernale nelle arene a supporto del nuovo album in uscita (forse) ad ottobre. Tutto lanciato dal nuovo singolo, «Un buon inizio» («Tu lo sai dove va/ la vita senza coraggio/ rimane vera senza metà/ come una statua di ghiaccio»), in uscita la prossima settimana, scritto da Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, Giorgio Pesenti e Marco Paganelli, la stessa terna autorale della «Terzo cuore» presentata a Sanremo da Leo Gassman: «Sentivo che i gusti del pubblico stavano cambiando, anzi erano già cambiati. Ho sperimentato di tutto, di più, persino pezzi di Mahmood. Con me, per me, non funzionavano. E il vecchio management della casa discografica non mi aiutava: smorzava ogni entusiasmo. Il brano di Zanotti è il manifesto del mio ritorno, della mia ripartenza».

La giacca indossata quel 27 febbraio di trent'anni fa sul palco dell'Ariston ha aperto tutte e tre gli show appesa sull'asta del microfono. Armani l'ha ricreata apposta per questa avventura intercontinentale, poi tornerà a fare bella mostra nel fanclub di Solarolo, prossimo a trasformarsi in un museo Pausini. È davvero uguale a quella che indossò quando tutti iniziò: sul palco fatale dell'Ariston, nella notte magica tra il 27 e il 28 febbraio del 1993, quando trionfò tra i giovani con «La solitudine».

«In ottobre uscirà il nuovo album», programma lei, continuando a professarsi «una sognatrice. Ora mi è tornata la stessa curiosità che avevo a 18 anni a Sanremo. Sono o non sono la cantante più pazza del mondo?». 

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Non c'è solo la cantante più pazza del mondo, però, a mettere a segno un'esperienza da ricordare, un tutto in una notte trent'anni dopo. C'è anche la conduttrice, sperimentata su un terreno minato come quello dell'«Eurovision»: «Io soffro di tachicardia da quando avevo 12 anni. Normalmente una crisi del genete mi dura 3-4 minuti, a Torino invece è andata avanti per ventuno lunghissimi minuti. Mi hanno dovuto fare una flebo di calmante e quando sono tornata sul palco, mi sentivo come in Giamaica. Finita la diretta mi hanno stesa sui cartoni, con quel bellissimo vestito firmato mi sentivo una specie di Sue Ellen barbona. Il giorno dopo ho scoperto di avere il Covid». Una conduttrice che adesso potrebbe mirare a Sanremo: «Se dicessi di sì, tutti si aspetterebbero di vedermi direzione artistica, ma non me la sento. Sceglierei, infatti, i miei amici, perché sono fatta così. In gara? No. Per me il Festival non è come i Grammy. È molto di più. Me la faccio sotto. Tant'è che, in trent'anni, è il posto dove ho cantato peggio».

Era dal 2019, dal tour negli stadi in condominio con Biagio Antonacci, che l'eroina di «Resta in ascolto» non tornava sulle scene. E questo è solo l'inizio. 

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