Luchè, re della top ten con il vecchio album

Luchè, re della top ten con il vecchio album
di Federico Vacalebre
Domenica 7 Luglio 2019, 13:27
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Ancora poesia cruda, anzi crudissima. Così si racconta Luca Imprudente, ormai per tutti Luchè, in Un giorno dopo, l'autobiografia davvero senza peli sulla lingua, non a caso curata da Rosario Dello Iacovo, che impreziosisce la riedizione di «Potere», il suo album del 2018, protagonista di un exploit inatteso, forse da Guinness dei primati. All'uscita, il quarto album solista del rapper, scalò fino al secondo posto le classifiche, restandoci per la bellezza di 52 settimane, un anno esatto. Ora, appena rieditato con un paio di brani in più e il suddetto libro, il disco è arrivato subito in cima alla top ten.

Potere «come verbo e come sostantivo, come riflessione su quello che sono, che sono diventato, quello che potrei essere, quello che non sarò mai. Il potere che mi hanno dato le mie scelte e le mie sofferenze, il potere che non ha aiutato me né la mia città, il poter fare un disco con collaboratori che sono amici, se non fratelli»: così ci aveva spiegato Luché all'uscita del disco. E ora: «Il giorno dopo» perché «è l'unica cosa che conta, dopo una session di registrazione, una notte d'amore, una rissa, un concerto. Come stai davvero, che cosa è successo davvero, lo capisci solo il giorno dopo. Io, ad esempio, ho voluto il libro per dare un senso speciale al repackaging, invece di buttarci dentro troppi pezzi inediti me li sono tenuti e... il giorno dopo, cioè, ora, mi ritrovo in vetta a quella che un tempo si chiamava hit parade. Figo».

 


Figo, ma spietato il racconto autobiografico, in prima persona, senza sociologismi d'accatto. Luca/Luchè nasce il 7 gennaio 1981 a Chiaia, ma cresce a Marianella da ragazzo di strada, anzi da «ragazzacci di periferia» come Pippotto o terrore, poi condannato all'ergastolo per l'omicidio di un giornalaio al Rione Alto. «Io mi sono chiesto molte volte in questi anni che cosa si provi a dover aspettare di morire in carcere. Che vita è? Ma che vita era anche prima? Come si fa a essere così? Poi penso alla famiglia del giornalaio, e mi chiedo come si faccia a vivere ancora dopo un dolore del genere. Infine penso a me stesso e a tutte le volte che sono stato fortunato, incontrandolo e restando vivo».
C'è la musica per alleata, «Venerdì rappa» passa su Radio Deejay I Nwa e i Naughty by Nature, ma anche Articolo 31 e Otr, Antono Riccardi, per tutti Ntò, ha i suoi stessi gusti, «Malammore» è il neologismo in cui condensano l'amore e l'odio, ma anche la prima canzone dei Co'Sang, rimasta inedita, poi - la parola - fagocitata dal ritornello di «Int''o rione», poi riusata dal Luché solista da hit parade. «Ho visto quattro corpi a terra senza vita, ho sempre dormito la notte», ricorda Imprudente, consapevole del compito sceltosi dai Co'Sang: dire in versi «di quello che succede nelle strade, di chi ha sparato a chi, di perché e per cosa, di chi è morto il giorno prima. Di chi morirà domani». Poesia cruda, come il «Malammore» finito nella colonna sonora di «Gomorra», anche se Luchè e Ntò decisero ben presto di non salire sulla barca gomorrista, di non dirsi anticamorra nonostante Saviano parlasse benissimo di loro: «Non ce la sentiamo di indicare il male con un dito, dimenticandoci di tutto il veleno che c'è dietro e che quel male genera e alimenta».
Int''o rione, ma anche fuori dal rione, la fuga a Londra a vent'anni, a fare il magliaro, a trovare qualche soldo, il ritorno a Napoli per fare musica, l'amarezza per le incomprensioni con Nto', la crisi dei Co'Sang, i dissing con i colleghi che lo accusano di essersi venduto per un brano come «Gucci, Prada, Fendi», lo scioglimento, la depressione, il difficile rapporto con le donne, il rapporto con la famiglia, l'errore strategico di un album immediato da solista come «L1», il terreno recuperato, l'incontro con Marracash, il primo sold out al Palapartenope, i fratelli di strada, sangue e sound come D-Ross e Chiummy, il fedelissimo manager Enzo Chiummariello: per loro vale quello che Luché dice dei Co'Sang, che, è vero quel che si dice nel libro, in altre nazioni non sarebbero stati soltanto un duo seminale di culto, ma avrebbero raccolto il successo che meritavano. «Noi parliamo delle emozioni delle persone. La nostra musica non è giornalismo ma la poesia cruda di chi ha perso un fratello».
A volte, la poesia cruda finisce in hit parade, da «Potere» a un rapper che ora crede nel suo lavoro e nel suo futuro, non aprirà altre pizzerie in giro per il mondo: «Ho delegato ad altri il business ed ora faccio sul serio», spiega, senza mai dimenticare la pistola che una volta gli misero alla tempia.
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