Addio Svampa, dai Gufi a Brassens
con Milano nel cuore

Nanni Svampa con Brassens
Nanni Svampa con Brassens
di Federico Vacalebre
Sabato 26 Agosto 2017, 23:56 - Ultimo agg. 27 Agosto, 09:53
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La notizia l'ha data ieri sera Lino Patruno su Facebok: «È scomparso questa sera a Varese il caro compagno di mille avventure musicali e teatrali Nanni Svampa». Svampa e Patruno insieme ne hanno fatte davvero delle belle: Nanni milanese di Porta Venezia (28 febbraio 1938), ateo e fieramente anticlericale, arrivato alla canzone popolare attraverso le sue brillanti traduzioni di Brassens in dialetto meneghino, e Lino jazzista di Crotone, banjoista vecchio stile (27 ottobre 1935), fondano i Gufi, leggenda del cabaret italiano, con Roberto Brivio (21 febbraio 1938) e Gianni Magni (16 maggio 1941/16 luglio 1992) . La Milano di Jannacci, Strehler, Fo, Gaber e quelli del Derby trova nel quartetto di nero vestito una sponda preziosa: «Milan cont el coeur in man», solidale con gli ultimi, cosciente delle proprie radici meridionali. Lp come «Milano canta» e «I Gufi cantano due secoli di Resistenza» sono solo l'assaggio, a metà anni Sessanta, poi verranno le canzoni surreali e quelle scollacciate, il teatrino dei Gufi che riesce persino ad evitare la censura democrista in tv, i toni beffardi di «Non so non ho visto e se c'ero dormivo»: «La balilla» e «Porta Romana», «Orango tango» e «La mia morosa cara» convivono con esilaranti ballate macabre, la canzone d'epoca con i nonsense, la militanza con la leggerezza. Il quartetto brilla tra il 1964 e il 1969, aprendo le porte ad una stagione importante, anche se in campo musicale avrà pochi epigoni: gli Skiantos, Elio e le Storie Tese, i napoletani Virtuosi di San Martino.

Rotto il giocattolo e il gruppo, Svampa e Patruno fanno ancora coppia insieme, in tv e teatro (dove poi il primo porterà in scena Woody Allen o la campagna per il referendum sul divorzio, passando dal Piccolo a lunghi tour), ma al fianco del cantattore troveremo anche Franca Mazzola. Nanni incide una fondamentale «Milanese», antologia della canzone lombarda in 12 volumi, in qualche modo rispondendo alla «Napoletana» di Murolo. E continua a lavorare sull'amato Brassens, sulle canzoni di osteria, sulla cultura popolare meneghina, su un dialetto sempre più a rischio di estinzione, mettendo tutto questo in dischi ormai fuori moda quanto preziosi, in libri, in documentari. Nelle traduzioni brassensiane (anche in italiano), nella sua ricerca tra case di ringhiera e storie di mala, nella sua capacità di usare il palcoscenico e di far «passare» nella tv in bianconero prima e a colori poi pensieri antagonisti rispetto alla cultura  cattolica dominante, Svampa è stato un leone beffardo, l'ultimo cantastorie meneghino.
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