Osanna: 50 anni dopo tra libro, disco e film

Osanna: 50 anni dopo tra libro, disco e film
di Federico Vacalebre
Domenica 2 Gennaio 2022, 11:00
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Ha la tempra dei migliori stakanovisti veraci Lino Vairetti, 72 anni spesi al confine tra la musica e l'arte figurativa. Inarrestabile, ancora ben saldo nel fisico come nella voce, ha deciso di moltiplicare le celebrazioni dei cinquant'anni del suo gruppo, gli Osanna. Prima che finisse il 2021, infatti, ha aggiunto a «Osannaples», il docufilm di Deborah Farina, anche L'uomo. Sulle note di un veliero (Iacobelli editore, pagine 222, euro 18) e addirittura un nuovo album, «Osanna 50. Il diedro del mediterraneo», che comprende anche il dvd del summenzionato «Osannaples».

Tutto cominciò il 7 maggio 1971. Così, da quel debutto al secondo «Pop festival» di Caracalla, parte il racconto del libro di Franco Vassia, a quel debutto si riferisce uno degli inediti del disco, «Caracalla 71»: «Come un viaggio nella storia...

la magia della memoria... Noi sacerdoti elettrici traghettatori/ sui volti delle maschere multicolori/ psichedeliche emozioni di una musica ribelle/ l'urlo di generazioni che cambiavano pelle/ ... Danilo alla chitarra play Bandiera rossa/ a pugni chiusi un'ovazione che vibrava nelle ossa». 

Vassia racconta, anche nel privato, le discese ardite e le risalite, «L'uomo del prog» napoletano, il Volto di Pietra, la maschera dipinta. «Il diedro del Mediterraneo», sin dal titolo, ricorda la confusa ansia di scoperta - di suoni, di parole, di droghe, di amplessi, di confini da superare, di barriera da abbattere - che negli anni Settanta vide spuntare la band - allora avremmo detto: complesso - formata anche da Danilo Rustici (chitarra solista), Massimo Guarino (batteria), Lello Brandi (basso), Elio D'Anna (flauto e sax). Il ricco apparato fotografico del libro li mostra performer scatenati, truccati, alla ricerca di un teatro sonoro, di un diverso modo di fare musica, di un rock che non fosse solo fisicità, anche a costo di tributare eccessiva riverenza alla cosiddetta «musica classica», o di mettere mano alla commedia dell'arte. Il libro li ricorda scugnizzi libertari e sognatori di un sogno e di una libertà presto traditi, illuminati dal tour con i Genesis, a cui sembra abbiano dato l'idea di «pittarsi la faccia», come dall'incontro con Bacalov per la colonna sonora di «Milano calibro 9», dai suoni dei King Crimson certo, ma anche della volontà di fare in qualche modo i conti con la tradizione melodica di casa, senza piegarsi allo squallore in cui era caduta la canzone partenopea negli anni democristi. 

Il disco, registrato inevitabilmente con una nuova formazione - visti i caduti e chi ha scelto il ritiro - rinforzata da ospiti come David Jackson dei Van Der Graaf Generator, Francesco Paolantoni, Fiorenza Calogero, Stella Manfredi, Vincenzo Zitella, gioca alla macchina del tempo, all'orgoglio di chi resta fedele al sound di un'epoca, ai capelli lunghi persi in giovinezza, ai modelli di quei giorni fortemente rimpianti. 

L'inevitabile nostalgia canaglia per un'era insieme più ribelle e semplice viene a galla quando Mauro Martello (Opus Avantra) si fa sentire in «Ti ritroverò» che guarda a certe commistioni jazz rock e ad echi zappiani, in «L'uomo del prog» che cita il Re Cremisi e «Milano calibro 9» con Irvin «figlio d'arte» Vairetti tra mellotron e seconda voce, nella dedica di «Tu» a Danilo Rustici (scomparso il 27 febbraio dell'anno scorso, a 71 anni, per complicanze legate al Covid) con intro hendrixiana, nella la dichiarata ispirazione dylaniana di «Signori della guerra»...

Lino si racconta tra opere e omissioni, i colori della sua maschera sembrano volerci ricordare l'inseguimento pur naif di un'arte totale, capace di tenere insieme i suoi diversi interessi/esperimenti: la musica, certo, ma anche la fotografia, l'espressione figurativa: «Mille luci sulla scena dipingevano i tamburi/ su nel cielo quella luna piena/ che addolciva i musi duri». 

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