I nuovi Rockets: ritorno al futuro

Il tastierista Fabrice Quagliotti è l'unico superstite dei primordi

I nuovi Rockets
I nuovi Rockets
di Enzo Gentile
Mercoledì 3 Gennaio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 18:09
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Di loro ricordiamo il suono proto-elettronico, l'impianto un po' space-rock e soprattutto quel look stravagante e riconoscibilissimo: tute argentee e anche il cranio lucente, con i visi pittati come quelli di un robot. I Rockets nacquero in Francia appena dopo la metà dei Settanta, conquistando anche il mercato italiano, che apprezzò il look ed il repertorio, diviso tra composizioni originali e il rifacimento di brani celebri. Quello che garantì loro i primi posti delle classifiche fu una versione disco di «On the road again» (uscita nel 1978), rubata ai californiani Canned Heat, blues e psichedelia di fine anni Sessanta. Da allora i Rockets, con l'immagine forte e il vocoder a trasformare il canto e giocare alla fantascienza, hanno battuto televisioni e discoteche, tra luci ed effetti speciali, cambiando spesso formazione fino ad arrivare ai giorni nostri con un disco, «Time machine», che vede alla guida un solo superstite dei primordi, il tastierista Fabrice Quagliotti, affiancato da un quartetto di bravi sessionmen. Il lavoro passa da «Piccola Katy» (Pooh) in inglese a «Jammin'»(Bob Marley), da «Rock'n'roll robot (di Alberto Camerini, coinvolto anche come ospite) a «Take a walk on the wild side» (Lou Reed), «Sex machine» (James Brown) e «Riders on the storm» (Doors»).

Canzoni iconiche, ma anche tanto diverse per storia e significato: «Un viaggio emozionale, il modo per tornare con la memoria e con il cuore alle musiche che mi hanno accompagnato nella vita», sostiene Quagliotti. «Ho voluto fare una scelta all'insegna della varietà, spaziando tra i generi.

Io faccio il musicista per divertirmi, per la ricerca e per provare strade nuove: altrimenti il nostro sarebbe un lavoro noiosissimo. Replicare in una sola direzione non avrebbe senso».

La via delle cover sembra obbligata per i Rockets: «Nel 2019 quando abbiamo pubblicato l'album precedente, “Wonderland”, avevo deciso che quella sarebbe stata l'ultima puntata, la chiusura ideale della carriera discografica, almeno con brani di nostra creazione. Però nel frattempo ci ho ripensato, l'ingresso del nuovo cantante, Fabri Kiarelli, che ha caratteristiche molto rock, mi ha convinto di puntare su una nuova stagione. Abbiamo cominciato a scrivere insieme, l'impostazione sarà più aggressiva, dura, centrata sulle chitarre: siamo anche già stati in sala a registrare, quattro-cinque pezzi sono praticamente pronti. Credo sia una ricchezza avere teste diverse che contribuiscono, che suggeriscono e si attivano per migliorare il prodotto, è un elisir di lunga vita. A parte Fabri, arrivato veramente da poco, con gli altri suono già da una ventina di anni. Serve anche questo per non essere una copia di sè stessi.I Rockets non seguono uno schema fisso, è il nostro bello». 

Ora bisogna capire quale mercato risponderà al ritorno, e, soprattutto, quale look la band adotterà: «Seguiamo i download e i contatti dicono che l'Italia, seguita da Svizzera, Germania e anche Francia, sono geograficamente i nostri punti di forza», racconta Quagliotti, «stiamo crescendo negli Stati Uniti e abbiamo continue richieste della Russia, ma sono tempi in cui non ci si può andare. Sul palco manteniamo una caratteristica che guarda al futuro, anche se le tute degli anni Ottanta oggi sarebbero ridicole. Qualche aggiornamento lo abbiamo portato anche dal vivo». 

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