Shampoo, parliamo di noi: «Noi, i cugini napoletani dei fantastici Beatles»

La loro Liverpool era Fuorigrotta, tagliarono i capelli a caschetto e un venerdì si trovarono nella Hit Parade davanti ai Pooh

La loro Liverpool era Fuorigrotta, tagliarono i capelli a caschetto e un venerdì si trovarono nella Hit Parade davanti ai Pooh
La loro Liverpool era Fuorigrotta, tagliarono i capelli a caschetto e un venerdì si trovarono nella Hit Parade davanti ai Pooh
di Angelo Carotenuto
Sabato 12 Novembre 2022, 16:00 - Ultimo agg. 13 Novembre, 10:01
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La loro Liverpool era Fuorigrotta, tagliarono i capelli a caschetto e un venerdì si trovarono nella Hit Parade davanti ai Pooh. Al posto di She loves you yeah cantavano Si e llave tu, A Day Tripper diventò E Zizze, Twist and Shout era Chisto è o Scià. Dalla Napoli puntellata per il terremoto, mentre al cinema arrivava Massimo Troisi, spuntarono certi Beatles che cantavano in napoletano, suoni e arrangiamenti erano uguali agli originali. Gli Shampoo si inventarono un'idea e furono un gruppo cult, i gemelli casti degli Squallor. Pino De Simone, voce e chitarra, non c'è più da qualche settimana. I fratelli Lino e Massimo D'Alessio, con Costantino Iaccarino, non hanno rinunciato all'idea di tornare in scena. Quarant'anni dopo. 

Come vi siete conosciuti?
Lino: «Negli anni Settanta, Napoli era una bomba di creatività. Non esisteva una scena artistica della stessa portata in Europa. Mio fratello e io avevamo fatto parte di un gruppo storico della scena cittadina, Le Aquile Reali».
Costantino: «Nel frattempo io facevo le vasche su viale Augusto, passeggiando avanti e indietro. Una sera certi amici raccontano di essere appena tornati da Amburgo e si accende una luce. Il mattino dopo dopo sono partito con un paio di compagni, loro per lavorare, io per ascoltare la musica. Mi sono bevuto il miglior periodo della città. Andavano due generi, il brit e il rhythm and blues. Ogni tanto riuscivo anche a farmi dare una chitarra e suonare anch'io».

Anche i Beatles ebbero il loro periodo Amburgo. Quando uniste le vostre esperienze?
Costantino: «Loro due erano famosi. Lino aveva Jimi Hendrix nel repertorio. Era il periodo dei bar, i pezzi si venivano a conoscere principalmente dai juke-box. La prima volta ci siamo parlati all'ex Bar Diana».
Massimo: «Prima di diventare gli Shampoo, io e Costantino facemmo un duo. Andammo fino in Francia a cercare chi ci facesse registrare un disco. Cantavamo pezzi in stile America. Una domenica pomeriggio costringemmo il direttore artistico della Barclay ad aprire gli uffici e sentirci».
Lino: «Quando abbiamo inciso il primo disco, eravamo i Cadillac.

Noi tre, più Geppi Ricciardi, un batterista con una voce esagerata, due pezzi in italiano, Jeans e Ciao: li aveva scritti Ciro Sebastianelli».

Dove nascono gli Shampoo?
Lino: «A un tavolo del ristorante La Pappardella. Io facevo l'avvocato, per lavoro seguivo la famiglia Ferlaino e Gianni De Bury, titolare dell'agenzia per la rivendita dei biglietti allo stadio. Una sera scherzando con lui, viene fuori che il verso dei Beatles You're gonna lose that girl sembra Totonno ha illuso a chella. È cominciato così».
Costantino: «Durante le serate, spesso succedeva che nel casino infilassimo parole napoletane nei pezzi stranieri, per scherzare o prendere in giro certe figure nel pubblico. Ricordo un Guantanamera che diventò un boccaccesco Guarda a lummera».

L'esordio da Shampoo?
Lino: «Fu un'idea di Ferlaino e del regista-produttore Giorgio Verdelli. Una serata bluff. Far credere che i Beatles si sarebbero riuniti a Napoli in occasione di una partita amichevole del Liverpool. Non solo, si sarebbero anche esibiti a Radio Antenna Capri, all'epoca gestita da Patrizia Boldoni. Ferlaino fece arrivare una Rolls Royce bianca che era stata parcheggiata a via Cilea. Invece eravamo noi, con le nostre assonanze strampalate. Credo di avere ancora il nastro da qualche parte. In strada si radunarono 5mila persone. Ogni tanto qualcuno chiamava in diretta. Chi voleva sentire Yesterday non da Lennon ma da McCartney, chi trovava stentata la pronuncia inglese. I conduttori giustificavano dicendo che i Beatles erano molto stanchi, appena sbarcati, e andammo avanti così».
Costantino: «Non avevamo un nome. Lo scegliemmo solo quando avemmo la certezza che la EMI ci avrebbe fatto fare il disco. Stavamo provando i pezzi a casa, o forse da Verdelli. Qualche anno dopo, abbiamo scoperto che c'erano degli Shampoo anche in Australia. Pure loro sotto contratto per la EMI».

Chi vi portò alla EMI?
Massimo: «Verdelli conosceva Claudio Poggi, il manager che aveva fatto registrare Terra mia a Pino Daniele. Il direttore artistico dell'epoca, Bruno Tibaldi, era un grande estimatore dei Beates. Aveva ricevuto un nastro con tre brani, ci convocò di corsa a Roma, per firmare».
Costantino: «Non avevamo altri brani pronti. Dovemmo metterci sotto e non era facile trovare le sonorità insieme a una storia. Così nacque Io sarria n'omme e niente da He's a real a Nowhere Man».

Il vostro primo strumento?
Lino: «La mia prima chitarra l'ho avuta a 19 anni. Me la sfasciò mio padre, voleva che studiassi. Mia madre ne comprò un'altra di nascosto. Una Hofner come quella di George Harrison, la conservo ancora. Ogni giorno mi esercito almeno un paio d'ore».
Massimo: «Io avevo la fortuna di stare nella scia di mio fratello, che aveva aperto la strada. Mi piaceva la musica brasiliana. Suonavo Toquinho, Vinicius de Moraes, poi sono passato al basso e mi sono seduto alla batteria».
Costantino: «A casa mia c'erano meno disponibilità, una chitarra non ce l'avevo. Un amico mi prestava la sua ma ero affascinato dal basso. Mio padre mi portò da Miletti a comprare un Framus, con un amplificatore Davoli che pareva un comodino. Ma che potevo fare da solo, io con il basso? Conobbi un ragazzo che aveva una falegnameria e un posto dove suonare. Aveva la batteria. Quando ci invitavano per suonare a una festa, ti misuravi con il gusto delle persone. A Fuorigrotta. nei saloni della Chiesa San Vitale, partecipammo a un festival. Vinse Giancarlo Fiordelisi, un geniale pazzoide poeta incompreso».

I Beatles hanno mai saputo di voi?
Costantino: «Certamente. La EMI ebbe bisogno della loro approvazione al progetto. Non solo hanno ascoltato i pezzi, ma hanno dato il via libera alla registrazione. Incassammo un trionfo doppio».
Lino: «Siamo stati a cantare a Liverpool, alloggiavamo nell'Adelphi Hotel che era il loro quartier generale. Cantammo O tram e Mergellina su un'autobotte dei vigili del fuoco, con la gente che intorno si domandava: what's happening, che succede?».
Massimo: «Sasà si accorse all'aeroporto di aver dimenticato i documenti a casa e dovette raggiungerci in un secondo momento. Verdelli salì su un albero e cantò Yesterday. Ci accompagnò Vince Tempera, che aveva firmato tutti gli arrangiamenti».

Perché siete spariti dalla circolazione?
Costantino: «Avevamo un contratto per tre 33 giri. Dopo un anno, Tibaldi lasciò la EMI e ne prese il posto uno svizzero che amava Orietta Berti. Non dico che ci odiasse, ma quasi. Il suo principale mandato pareva rompere con noi. Ha fatto scappare anche Pino Daniele».
Lino: «Avevamo dei pezzi nuovi e simpatici per uscire dal filone Beatles. Non eravamo degli imitatori e basta. Se la EMI avesse voluto, avrebbe potuto chiedere a degli autori di scrivere per noi. Siamo apparsi di rado in pubblico, abbiamo conservato un nostro seguito in rete».

E ora?
Shampoo: «Il nostro amore è la musica, il nostro piacere è esibirci. Non siamo ventenni, dovremmo far convivere la passione con gli impegni di lavoro. Ma ci sono casi di musicisti in scena a un'età irragionevole. Ci piacerebbe tornare».

Come sapeste che avevano ammazzato Lennon?
Costantino: «In radio, a un programma presentato da Ric e Gian. Ce lo dissero poco prima dell'ingresso in scena. Eravamo nel pieno del nostro tourbillon. Di notte facevamo gli Shampoo, di giorno l'avvocato, l'impiegato, io il programmatore elettronico. Registi e attori ci chiamavano alle loro feste private, eravamo sempre in giro. Passavano a sentirci Pino Daniele, Venditti, una sera Keith Emerson».

Shampoo, la verità. C'è mai stata una Yoko Ono a dividervi?
Shampoo: «Yoko Ono? Lasciamo perdere». 

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