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Il Mattino

Toto Cutugno si racconta: «Sono un miracolato. E dopo dieci anni faccio un disco»

di Andrea Spinelli
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 8 Luglio 2018, 10:31 - Ultimo agg. : 20:26
6 Minuti di Lettura

«A 74 anni il futuro si accorcia di molto e io cerco di vivere soprattutto il presente, provando a combattere innanzitutto la mia pigrizia» ammette Toto Cutugno. Passata la paura per il concerto annullato qualche giorno fa in Belgio, a Seraigne, a causa di un momento di debolezza dovuto al caldo eccessivo, l'italiano vero fa sapere di stare di nuovo bene: «All'estero ho un successo esagerato, mentre in Italia non riesco a suonare. O meglio, non rischio. La fruizione della musica è molto cambiata negli anni e non so come andrebbero le cose se programmassi un tour. Colpa anche del mio cattivo carattere, anche se da quando sono un miracolato di Dio penso di essere cambiato completamente».

Miracolato?
«Bé, il cancro maligno alla prostata era in fase così avanzata che le metastasi arrivavano quasi ai polmoni, avessero raggiuto entrambi i reni sarei stato spacciato. Me ne tolsero uno e andò bene».

Qual è la classifica delle sue hit in base ai rendiconti Siae?
«Prima, ovviamente, L'italiano, poi Africa, Soli, Derrier l'amour scritta per Johnny Hallyday e Unchantan firmata per Michel Sardou».

Guardando ai tanti che hanno cantato le sue canzoni, che c'azzecca Iggy Pop?
«Iggy chi? Ah sì, quello che nel 2003 ha cantato Et si tu n'existais pas. Ma io quel pezzo l'avevo scritto per Joe Dassin; Iggy l'ha ripreso e inserito in Après una sua raccolta di cover francesi».

A proposito, in Francia lei ha scritto per tutti, da Johnny Hallyday in giù. Perfino Dalida.
«Me la ricordo come una donna molto elegante e molto sola. Il fratello Orlando era un mio amico, andammo a casa sua e mentre cantavo al piano Laissez moi danser lei mi mise la mano sulla spalla dicendo: sì questa la faccio. Ne seguirono altre due o tre»

Poi ci sono quelle per Celentano.
«Sì, gli ho scritto 13 pezzi, l'ultimo Innamorato, incavolato a vita. Siamo tornati a collaborare solo un paio di anni fa, quando gli ho dato quella Ti lascio amore che interpreta in Le migliori assieme a Mina».

 

Il Molleggiato le ha mai confessato di aver fatto una colossale sciocchezza a rifiutare «L'italiano»?
«Io e Popi Minellono scrivemmo quel pezzo per i titoli di coda del film Il bisbetico domato, ma Adriano disse no, preferendo, appunto, Innamorato, incavolato a vita. Deve averci ripensato perché qualche mese fa m'ha chiamato Claudia Mori dicendo che lui vorrebbe trasformarla in un duetto alla sua maniera, con me. Sono pronto, in Europa faremmo una botta incredibile».

Finora il suo pezzo più famoso portato al successo da Celentano rimane, però, «Soli».
«Lo scrissi nel '79 a Bora Bora. Con Gipi Vialli, il figlio del Pirata, trovammo un pianoforte usato durante le riprese del kolossal Uragano e poi abbandonato al suo destino. Così lo caricammo su un aereo per portarlo da un artigiano-musicista di Papetee che non solo ne aggiustò la meccanica, ma riuscì nell'impresa quasi impossibile di accordarlo. Tornati a Bora Bora scoprimmo che frattanto era arrivato Dino De Laurentiis e passammo la serata a cantare canzoni napoletane con lui, sua figlia Raffaella, e Silvana Mangano. Dino viveva a Los Angeles, ma era ancora innamorato della sua Napoli e, cantando Voce e notte, lo vidi piangere».

Dovette interrompere la vacanza.
«Sì, mi chiamarono dall'Italia dicendo che Mike Bongiorno era arrabbiatissimo perché Donna donna mia, la sigla della trasmissione che avevo scritto per lui, era in classifica e voleva che la cantassi in tv. Così feci le valigie e rientrai in Italia per il mio debutto televisivo. Ma l'emozione era tale che entrando in scena poggiai male un piede e scivolai. Rimanemmo, però in buoni rapporti perché poi gli scrissi pure la sigla di Flash».

Il rimpianto della sua vita è ancora quello di non aver mai scritto un musical?
«Vero. Mi capitò l'occasione, in Francia, di scrivere le canzoni di Exodus un musical biblico sull'esodo degli ebrei. Ma siccome era un progetto molto impegnativo finanziariamente, i produttori non trovarono i fondi necessari e il progetto rimase solo sulla carta».

Oggi su cosa lo scriverebbe?
«Sulla Sicilia. Le persone lì hanno una familiarità pazzesca, una bellezza interiore straordinaria rovinata solo da quella minoranza annidata come una piovra nei suoi gangli vitali. La mia sarebbe una storia di mafia, di rabbia, ma anche di sentimenti veri per cui vedrei bene come protagonista un attore, che isolano non è ma ha tutte le caratteristiche per un musical del genere, quale Gigi Proietti. Oppure Sergio Castellitto, che fra l'altro anni fa volle inserire la mia Gli amori nel suo Non ti muovere».

Sono ormai decenni che impazza ad Est.
«Già, dal 1985, quando, in piena perestrojka, tenni 15 concerti a Mosca e 10 a San Pietroburgo. L'unica delle 15 ex repubbliche sovietiche in cui non ho mai cantato è il Tagikistan. Ma a Dushambe prima on poi ci andrò. Due anni fa avrei dovuto cantare pure in Siria, altro paese in cui non sono mai stato, per le truppe. Con il coro dell'Armata Rossa avremmo dovuto ritrovarci all'aeroporto di Mosca per poi proseguire assieme alla volta della base di Latakia, ma un impegno mi trattenne in Italia e rinunciai; il Tupolev militare precipitò vicino Sochi uccidendo tutti e 84 i passeggeri. Quando si dice il destino».

Lei ha un feeling particolare col presidente kazaco Nazarbaev.
«Siamo nati quasi lo stesso giorno, lui il 6 e io il 7 luglio, così ci è accaduto spesso di festeggiare i compleanni assieme. Spesso sono andato io ad Astana, ma altre volte è venuto lui. Un anno cenammo all'ultimo piano dell'Hilton di Milano con posate d'oro massiccio che aveva fatto portare appositamente dal suo staff. Pretese che gli cantassi L'italiano e lo feci, ma poi lo costrinsi a cantare 'O sole mio e m'accontentò. Male, ma m'accontentò».

Dei tanti che ha composto, qual è il pezzo a cui si sente più affezionato?
«Com'è difficile essere uomini, perché è dedicato a mio figlio. Nico non è nato dal mio matrimonio con Carla, perché l'ho avuto da un'altra signora. Ora ha 28 anni e una laurea alla Bocconi in economia e management dello show business».

Scusi l'indiscrezione, ma sua moglie come la prese?
«Carla è la donna più in gamba che abbia mai incontrato. Siamo sposati dal '71 e Nicolò è diventato pure suo figlio; hanno un rapporto bellissimo. E la mamma di Nico è molto contenta della cosa. Sapesse che soddisfazione è vedere che, dopo tanti rovesci e tante avventure, alla fine le caselle della mia vita sono andate tutte a posto».

Ad ottobre esce un nuovo album con 19 canzoni inedite. Tante.
«Sì ma sono dieci anni che non faccio dischi. E poi l'età che avanza, la malattia, m'inducono a pensare ogni tanto che potrebbe essere l'ultimo. Quindi ho voluto metterci più musica che posso».

Suvvia
«Effettivamente sto bene, sono iper-controllato, e provo a curare il tabagismo con l'ipnosi. La mia nuova sfida è smettere di fumare. Anzi, diciamo l'ho fatto anche se ogni tanto, di nascosto, alla Carla qualche sigaretta gliela rubo».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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