Bob Wilson racconta il suo Pessoa: «Uno scrigno di personaggi»

Cast internazionale con Maria de Madeiros

Il Pessoa di Wilson
Il Pessoa di Wilson
di Titta Fiore
Domenica 4 Febbraio 2024, 09:45
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La luce. Lo spazio. I tre livelli della prospettiva. La musica. Bob Wilson, il leggendario regista americano, costruisce i suoi spettacoli vivisezionandoli. Traccia vigorose linee su un foglio bianco, disegna gabbie tematiche e in ogni casella inserisce un elemento drammaturgico. Anche il progetto dedicato a Fernando Pessoa che ha cominciato a provare alla Pergola di Firenze sta prendendo forma così. Nato dalla partnership tra il Teatro della Toscana e il Théâtre de la Ville di Parigi, e tra i loro direttori Marco Giorgetti ed Emmanuel Demarcy-Mota, sarà l'occasione per celebrare l'anno del Portogallo a mezzo secolo dalla Rivoluzione dei Garofani.

E, sull'onda della ricerca condivisa sull'«Attrice e l'Attore Europei», avrà un cast internazionale, con Maria De Medeiros, Rodrigo Ferreira, Aline Belibi, Janaina Suaudeanu, Sofia Menci, Gianfranco Possighe e Klaus Martini che reciteranno in più lingue.

Prima mondiale a Firenze, il 2 maggio, poi Parigi e una lunga tournée internazionale. Il titolo, «Since I have been me», si ispira a un frammento de «Il libro dell'inquietudine» di Pessoa e si potrebbe tradurre «Da quando sono io». Dice Giorgetti: «Questa collaborazione ci riporta ai tempi in cui La Pergola accoglieva Kantor, Eduardo, Zeffirelli, Gassman con la sua Bottega, trovandosi al centro di un'eccezionale confluenza di talenti e diventando un laboratorio teatrale senza precedenti». Wilson, 82 anni pieni di energia, ha accolto con entusiasmo l'idea di lavorare su uno scrittore denso e misterioso come Pessoa.

Cosa l'attrae della sua personalità?
«Non conoscevo a fondo i suoi scritti, a essere onesti è il progetto ad essere venuto da me, non sono andato a cercarlo. Ma l'idea che si trattasse di una coproduzione internazionale, con attori di diverse nazionalità, mi è sembrata giusta per Pessoa. Perché in lui c'erano tante persone, come dimostrano i suoi numerosi eteronimi. Era un portoghese cresciuto in Sudafrica, mi è sempre sembrato molto solitario, anche nell'immaginazione».

Come sarà strutturato lo spettacolo?
«Per ora posso dire come procedo di solito quando imposto un lavoro. All'inizio non so esattamente quali saranno i contenuti. Penso in maniera astratta e la prima cosa che faccio è creare una struttura. Qui mi sono detto che lo spettacolo sarebbe stato in tre parti, che corrispondono ai tre modi in cui i pittori misurano lo spazio».

Il passo successivo?
«Illuminare lo spazio. Anche se non so ancora quale sarà il testo, comincio con la luce. Ho studiato architettura e non ho mai dimenticato il primo insegnamento del mio professore: "Ragazzi, cominciate con la luce!". Fu come una martellata in testa. Una volta creato lo spazio, comincio a riempirlo. Il mio lavoro è questo: una costruzione di spazio e tempo. Niente di più».

A quali testi di Pessoa attingerà?
«Non seguo mai una storia lineare, quindi lo spettacolo non sarà narrativo, ma al tempo stesso sì, lo sarà. Nella mia immaginazione la prima parte affronta l'Infanzia, la seconda l'età adulta, la terza la vecchiaia e la morte. Pessoa è morto giovane, a soli 47 anni, per me la sua vita è come una nota a piè di pagina, mentre la messinscena è una costruzione astratta che riguarda ciò che vedo e ascolto. Facciamo teatro per porre domande, non per dare risposte. Cerchiamo di riflettere il pensiero del maestro, in questo caso Pessoa, ma non vogliamo diventare suoi schiavi».

Nel suo lungo percorso di autore, regista, attore, scenografo, designer e scultore lei ha forzato i linguaggi del teatro in una personale e continua reinvenzione dell'arte scenica. A che punto è la sua ricerca?
«I miei primi lavori non avevano né musica né testi, i giornali non riuscivano neppure a catalogarli. Io cercavo di spiegare che mi piaceva guardare i volti delle persone, perché un viso racconta tante storie senza aver bisogno di ricorrere alle parole. Una poetessa siriana mi disse di aver visto tre volte un mio spettacolo senza battute che durava sette ore: "Mi dà il tempo per riflettere e sognare". Ecco cosa può fare oggi il teatro nella nostra vita frenetica: regalarci uno spazio per riflettere e sognare».

I luoghi influenzano gli spettacoli?
«L'ambiente influenza il mio lavoro. Se dovessi mettere in scena qualcosa a Waco, la cittadina del Texas dove sono nato e cresciuto, sarebbe molto diversa da quello che farò a Firenze per Pessoa».

Perché ha scelto un titolo in inglese?
«Un titolo è un titolo, non va interpretato, è solo una maniera di iniziare. Quando ho fatto "Einstein in the beach" non c'era mai Einstein sulla spiaggia. Un titolo funziona quando rimane nella testa del pubblico».

Qual è la chiave di «Since I have been me»?
«Beh, abbiamo tante idee. Pessoa, come tutti noi, è pieno di personaggi, il lavoro sarà come trattare una tale moltitudine. Quindi, al principio ci sarà una persona vestita come se fosse Pessoa, poi tutta la compagnia sarà vestita come lui e nel gruppo cominceremo a intravedere i vari personaggi. Ho in testa un prisma con tutte le personalità di questo scrittore così enigmatico e seducente».

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