«Rischiatutto 70», la Rai festeggia i 70 anni della televisione italiana

Il quiz, domani su Raiuno in prima serata, sarà quasi fedele all'originale

Carlo Conti
Carlo Conti
di Luciano Giannini
Martedì 2 Gennaio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 18:03
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Tre gennaio 1954 - 3 gennaio 2024: domani la televisione compirà 70 anni. In Italia. Benché sembrino 700. Cos'hanno in comune, infatti, «Lascia o raddoppia?», «Telematch», «Canzonissima», «Pronto, Raffaella!», «I fratelli Karamazov» e, ancora, «Arrivi e partenze» (primo programma Rai in assoluto e primo Mike Bongiorno) con lo scrigno ultrapiatto di oggi? Con film, serie, documentari e show da attingere rovistando, a pagamento, chi se lo può permettere, nelle sterminate library di Sky, Netflix, Prime, Paramount, Disney+, Dazn, NowTv, Infinity?

«La Rai Radiotelevisione Italiana inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive», annunciò quella mattina del 3 gennaio 1954 alle 11 Fulvia Colombo dando il via alle trasmissioni televisive regolari del Programma Nazionale. E la Rai celebra il compleanno con «Rischiatutto 70» e Carlo Conti, che prenderà il posto di Mike. Il quiz, domani su Raiuno in prima serata, sarà quasi fedele all'originale del '70-74. A sfidarsi non saranno tre concorrenti, ma tre coppie famose: Venier & Matano; Goggi & Argentero, Chiambretti & Frassica.

Due eccellenze musicali impreziosiscono il cast: Massimo Ranieri e Renato Zero. Conti: «E il grande Pippo Baudo aprirà la puntata speciale, a suo modo, con parole speciali».

Alla festa non mancherà Renzo Arbore, nume tutelare dell'«altra tv», che tanto contribuì a svecchiare l'idea stessa di quel che Eduardo definiva «l'elettrodomestico». L'artefice di «Quelli della notte», «L'altra domenica» e «Indietro tutta» (86 anni) tornerà in video dopodomani su Raidue (23.15), che ha scelto di riproporre le venti puntate di «Appresso alla musica», in compagnia del fedele Gegè Telesforo e delle star pop, soul, rock e jazz dei suoi tempi.

Il compleanno va celebrato anche per un altro motivo, perché un dato è certo: senza la televisione lo Stivale sarebbe assai diverso da com'è. La tv stuzzica l'immaginario ed è fatta di personaggi e memoria (ah, le teche Rai!). Questi tre ingredienti hanno trascinato l'Italia rurale emersa dalla guerra nei piaceri e nell'orrore della modernità. Un terremoto; e sempre sotto l'invadente tutela del potere, in una ingerenza reciproca tra politica e medium. La tv «è diventata la carta d'identità del Paese» (Aldo Grasso). E l'ha omologato, anticipando la globalizzazione.

La paleo-tv Rai cominciò con la diffusione in sole sei regioni del centro-nord e 24 mila abbonati, che a fine '54 erano già 90 mila; nel '64, cinque milioni. La paleo-tv Rai era pedagogica: insegnò agli italiani l'abc. A tanto servirono «L'approdo», gli sceneggiati, il professor Cutolo, il maestro Manzi, ma anche «Il musichiere», «Campanile sera», «Carosello», i tg. Poi? A fine '80 arrivò Berlusconi, cioè la tv commerciale, che non offre programmi al pubblico, ma vende il pubblico agli inserzionisti pubblicitari.

Ed ecco «Drive in», le telenovele, «Hello Goggi», primo grande varietà di Canale 5, il «Costanzo show», «Forum». Si abbassò la qualità per avere la quantità? In parte è vero; in parte la realtà è più complessa. Comunque sia, per la prima volta la Rai ebbe un competitor. La concorrenza non le ha fatto sempre bene. Perché scelse di adeguarsi. Un altro terremoto. Nacquero l'audience, col suo strumento di misurazione, l'Auditel; e si snaturò l'idea di servizio pubblico, sempre più esaltato per segnalare i programmi che lo sono rispetto ai tanti che non lo sono. Perciò, Piero e Alberto Angela sono benemeriti. Ma, si sa, il mondo è quel che è e bisogna inseguirlo.

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Al balletto quotidiano dell'audience dobbiamo, oggi, i contrastanti comunicati di fine 2023 dei competitor. Ciascuno sostiene di aver vinto. Mediaset: abbiamo superato la Rai per la prima volta nell'arco delle 24 ore (37.7% contro il 37%). Postilla: «grazie all'apporto di tv connesse e dispositivi digitali». E la Rai: siamo leader nelle 24 ore (30.4% contro il 26.3%) Postilla: considerando solo le reti generaliste; dunque, senza tv connesse e dispositivi digitali. Comunque sia, le vittime dell'Auditel sono i programmi meno seguiti, i flop. Nel 2023 ne fa le spese soprattutto Raidue: «Fake show» (Max Giusti), «Liberi tutti» (Guaccero), «Boomerissima» (Marcuzzi), «Il mercante in fiera» (Insegno), «Che c'è di nuovo» (Ilaria D'Amico); «La caserma» e «Il collegio»; su Raitre «Avanti popolo» (Nunzia De Girolamo); su Canale 5 «Pomeriggio 5» (Myrta Merlino) e la serie di Massimo Ranieri «La voce che hai dentro». Annaspa, su Sky, «X-Factor». Quanto ai top, un nome brilla su tutti: Sanremo. Dei suoi formidabili ascolti la Rai fa tesoro per vincere le battaglie dell'audience. E con Amadeus (bene sul fronte dei numeri anche il suo Capodanno: quasi 40% di share e quasi sei milioni di spettatori) brilla il suo amico del cuore, l'animatore del villaggio nazionale, Fiorello. Mattatore con «Viva Rai2», perfino «Stasera parlo io», la sua intervista al Tg1, ha ottenuto 4.682.000 spettatori. Fenomeno. Con lui vincono i volti veterani della tv; e festeggia una vittoria personale Fabio Fazio, migrato a W.B. Discovery (Canale 9) per un quadriennio e 2,5 milioni di euro a stagione.

Settant'anni di tv, oggi come ieri specchio dei tempi in cui viviamo, condensati in una battuta del film «Soldato Jane: «Niente è definitivo finché non va on onda sulla Cnn». 

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