Arbitri, la resa di Trentalange: si dimette travolto dallo scandalo D'Onofrio

La gestione ordinaria passa ora al vicepresidente Duccio Baglioni

Arbitri, la resa di Trentalange
Arbitri, la resa di Trentalange
di Pino Taormina
Lunedì 19 Dicembre 2022, 11:00
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La resa incondizionata (e tardiva) di Trentalange. Aveva promesso una rivoluzione nel mondo arbitrale quando sfidò Nicchi alla guida dell'Aia nel febbraio del 2021. Non è riuscito a far altro che a mandare a picco il mondo degli arbitri. Colpito da un danno di immagine senza precedenti. Ieri ha alzato bandiera bianca, preso atto che tutto il mondo dello sport, a cominciare dal ministro Abodi, non era più intenzionato a sostenere la sua posizione al vertice dell'associazione. Ha tenuto in imbarazzo tutti per più di un mese, ha resistito persino al tentativo di Gravina di convincerlo a farsi da parte con le buone: si è arreso dopo essere stato audito dalla procura federale guidata da Chiné e dopo aver capito che oggi, il Consiglio federale della Figc, in ogni caso, avrebbe commissariato l'Aia. Game over, nel peggiore del modo: «Non ho responsabilità giuridiche, ma lascio per tutelare l'associazione», scrive nella lettera di dimissioni. 

A scatenare lo tsunami che imbarazza gli arbitri è stato l'arresto dell'ex procuratore capo dell'Aia, Rosario D'Onofrio, l'uomo che aveva l'incarico di istruire i procedimenti disciplinari su tutti i nostri direttori di gara, compresi quelli di serie A. Accusato di essere un narcotrafficante. Di più: quando è stato nominato dall'attuale numero uno dell'Aia, Alfredo Trentalange, nel ruolo della procura arbitrale, era già coinvolto in una inchiesta sul traffico di droga, dopo essere stato fermato con 35 chili di hashish della sua Volvo. Sembrava che il passo indietro di Trentalange dovesse essere automatico e immediato. Macché: un imbarazzo durato oltre un mese, con Gravina che da tempo aveva girato le spalle al capo degli arbitri. Trentalange è stato ascoltato pochi giorni fa dalla Procura Federale con l'ipotesi di comportamenti disciplinarmente rilevanti (come ha potuto non sapere chi metteva a capo della procura dell'Aia?) nella gestione del caso D'Onofrio. La gestione ordinaria passa al vicepresidente Duccio Baglioni e al Comitato Nazionale regolarmente in carica, in attesa di nuove elezioni che dovranno svolgersi entro 90 giorni.

Il collegio difensivo del n.1 Aia è composto da tre legali che conoscono bene il mondo del calcio e che hanno vinto anche numerose cause contro la Figc: tra questi il professor Bernardo Giorgio Mattarella, figlio del presidente delle Repubblica. Le contestazioni di Chinè sono pesantissime. Trentalange ha manifestato «la sua estraneità a tutte le contestazioni disciplinari» insistendo sul fatto che si è trovato di fronte un personaggio, D'Onofrio, che era riuscito a ingannare tutti, compresi gli organi di controllo e che, in ogni caso, non toccava a lui fare verifiche sui precedenti penali. Troppo poco: lui, insomma, non poteva conoscere i suoi trascorsi penali. Ma è evidente che c'è chi, tra gli arbitri, non ha svolto adeguatamente il compito di accertare i reali requisiti professionali e di moralità di D'Onofrio. Le dimissioni, a questo punto, potrebbero scongiurare il commissariamento. È un fine anno da incubo per il calcio: Gravina si trova davanti un bel po' di pasticci. C'è sempre anche il caso Juventus in ballo e quella riforma dei campionati che non decolla mai. Con le sacrosante dimissioni di Ghirelli, capo della Lega Pro.

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