Calzona nuovo allenatore del Napoli: «Questo è il mio sogno da bambino»

È stato vice di Sarri e Spalletti a Castel Volturno

Il Napoli affidato a Calzona: «Questo è il mio sogno da bambino»
Il Napoli affidato a Calzona: «Questo è il mio sogno da bambino»
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Lunedì 19 Febbraio 2024, 23:00 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 07:05
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«Se succede, sarò felice come un bambino. Perché è un sogno che si avvera». È successo. La terza volta al Napoli di Francesco Calzona detto Ciccio, 55 anni, nato a Vibo Valentia, ex rappresentante di caffè, una moglie e una bambina di cinque anni, sarà da trionfatore. Chi lo avrebbe mai detto che questo uomo dal carattere rude, legatissimo a De Laurentiis più che agli allenatori che ha affiancato in questi anni, sarebbe rientrato dalla porta principale. Eppure, lo merita. E ha pazientato in silenzio da ottobre, in attesa di questa chiamata.

Ha fatto una gavetta interminabile, pane e veleno, da assistente tecnico, collaboratore, tattico fino ad arrivare a diventare il ct della Slovacchia. C’è gente che per arrivare in cima ha bisogno di una vita, di attese, di molti tramonti e ci sono quelli a cui basta un’alba. Ecco, Calzona ha una gavetta senza fine: l’uomo chiamato per salvare la stagione (non certo la faccia) del Napoli e di De Laurentiis torna dopo aver resuscitato la Slovacchia portandola all’Europeo in Germania.

Arriva con Sarri nel 2015. È il suo vice. Lo era da lungo tempo, prima all’Arezzo, poi al Sorrento e al Verona e all’Empoli. Sembravano legatissimi i due. Anche perché si dice sia stato proprio Calzona a consigliare a Sarri di lasciare la vita in banca per lanciarsi a tempo pieno nel mestiere di allenatore. Per due anni vanno d’amore e d’accordo, poi al momento del rinnovo arriva la rottura con Sarri: Maurizio chiede a tutti quelli del suo staff di firmare per una sola stagione, in attesa di capire meglio il futuro. Obbediscono tutti ma non Calzona (e Sinatti) che decide di andare per la sua strada e si accorda con De Laurentiis con un triennale. Sarri non lo perdonerà mai: per 12 mesi, quelli dei 91 punti, vivono da separati in casa, tra frequenti imbarazzi. Eppure, racconta di aver avuto lui l’intuizione di Mertens falso nove. 

Anche se a Coverciano si laurea, a pieni voti, con una tesa che è tutto un programma: “Allenare la linea difensiva a 4 con orientamento sulla palla”. Il primo addio nel 2018, quando arriva Ancelotti e la sua schiera di collaboratori e parenti. Non c’è spazio. Sarri, al Chelsea, non ci pensa neppure a portarlo con sé. Resta sotto contratto per un po’ col Napoli, poi rescinde e va per un po’ al seguito di Di Francesco, al Cagliari. Il rapporto tra i due dura poco: Calzona va alla ricerca di una avventura da “primo”. Lo cercano in Francia, al Saint Etienne, ma la trattativa salta. Arriva il momento del secondo approdo al Napoli, con Spalletti: è De Laurentiis che lo vuole fortemente. Lui e Sinatti. Ma per Lucianone, sempre assai diffidente, è un estraneo, rispetto ai suoi cavalieri della tavola rotonda, Domenichini e Baldini.

Alla fine, fa il quarto dello staff tecnico. Ma con De Laurentiis il rapporto è solido, blindato. Leale: diciamo, uno dei riferimenti del patron azzurro. Ma la sua ambizione non gli consente di accettare il ruolo di comprimario nello staff di Spalletti. Prende al volo la chiamata di Marek Hamsik che lo sponsorizza alla guida della Slovacchia. È la grande occasione: lascia la casa a due passi da Arezzo e si sposta a Bratislava. Con la Slovacchia è un trionfo: la scorsa settimana ritira il premio come miglior allenatore. Al suo fianco, c’è Hamsik. 

In panchina, in serie A, è già andato una volta, quando Sarri venne squalificato in un Napoli-Verona. «Mertens per me è sempre stato un calciatore speciale. Avevo questa fissa su Dries, che potesse fare altre cose, anche il centravanti. Ma il merito è tutto suo se ci è riuscito», ha raccontato della metamorfosi della punta belga. «Hamsik? Una persona straordinaria, fantastica, si è messo a disposizione con una umiltà incredibile, prepara addirittura il caffè per tutti in nazionale. Se decidesse di fare l’allenatore, avrà un grande futuro in panchina». E sul suo modo di intendere il calcio: «Io odio subire l’avversario, subire non deve essere mai una scelta». Ovvio, c’è solo il 4-3-3. Abiterà a Pozzuoli, come in tutte e due le vite precedenti.