La città azzurra: storie e luoghi dello scudetto del Napoli

Il libro di Antonio Mango sarà presentato domani alle 18.30 da IoCiSto

Il libro di Antonio Mango sarà presentato domani alle 18.30 da IoCiSto
Il libro di Antonio Mango sarà presentato domani alle 18.30 da IoCiSto
di Luciano Giannini
Martedì 25 Luglio 2023, 20:00
3 Minuti di Lettura

«Non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: una bella giocata, per l’amor di Dio». Be’, Edoardo Galeano l’avrebbe trovato se avesse visto il Napoli di Spalletti. La frase dello scrittore di Montevideo, tratta dal suo «Splendori e miserie del gioco del calcio», è citata da Antonio Mango nel saggio con cui si apre «La città azzurra», sottotitolo «Storie e luoghi dello scudetto». In 81 pagine corredate dalle immagini della festa di popolo, questo piccolo libro edito da Flybooks 5.0, riflette a caldo sulla vittoria del terzo trofeo tricolore, ma anche sulla città che Edoardo Bennato definiva «obliqua» per la sua incapacità a rigare dritta.

Partendo dal «Caso Napoli» di Mango, scrittore e giornalista, il libro si snoda in altri approfondimenti: «Il Napoli calcio nel cinema» del critico Alberto Castellano; «Napoli città scenografia» dell’architetto Antonio Buonocore; «L’amore al tempo di Fuorigrotta» del sociologo Francesco Della Calce. Napoli & il Napoli, dunque: per presentare il volume, e discuterne, gli autori si ritroveranno domani alle 18.30 nella libreria IoCiSto, in piazzetta Fuga, al Vomero.

E racconteranno - come scrive Buonocore - una città «trasfigurata, coperta da migliaia di veli, così com’è coperto il suo famoso Cristo». 

«Il capolavoro di Spalletti» - nota Mango - sta nell’aver giocato «una sorta di calcio totale in versione mediterranea», assecondando una «visione rivoluzionaria di calcio socialista». All’opposto, c’è quella «liberista» incarnata dalla Juventus, dove il business detta un solo imperativo: vincere, anche giocando male.

E se la storia di questo scudetto affonda le radici nella squadra di Benitez, così «Il ragazzo della curva B» del tifoso Nino D’Angelo è idealmente agli albori di «È stata la mano di Dio» di Sorrentino. Castellano nota come, paradossalmente, siano pochi film, fiction e documentari sull’argomento; colpa della «patologica difficoltà del cinema italiano» a trasformare in storie le passioni e le vicende individuali e collettive in questo caso, la storica consustanziazione tra Napoli e il Napoli. Prova ne sia l’addobbo spontaneo che - intuisce Buonocore - ha trasfigurato strade, vicoli, piazze, palazzi, lampioni e negozi, tra calciatori santini, strisce, drappi, bandiere e scudetti in un tripudio di bianco, azzurro e tricolore; tutti oggetti scenici di un teatro naturale totale, che oggi ha anche la sua scenografia, effimera e gaudente; non «festa elegante e noiosa, perché il vero scopo è denotare una presenza, non abbellire, ma costruire un simbolo». 

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Il fenomeno scudetto va ad aggiungersi al vitalissimo crogiuolo della Napoli di oggi. Di quest’abbraccio scrive, con tratti impressionistici, Della Calce, mostrando come De Crescenzo e Troisi, Pino Daniele e Palummella, Andrea Sannino e Nennella, lo «spritz ai Tribunali» e il lungomare liberato, D’Alessio e Merola, Sorbillo e il Cristo Velato, Eduardo e Totò siano le tessere di un galassia-puzzle che sgomenta e affascina. Questa vittoria è la sua consacrazione.

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