Maradona game, divieto revocato: il Napoli potrà indossare di nuovo le maglie speciali

Ceci ha vinto l'ultimo match tra gli eredi di Maradona

Osimhen in azione con la maglia Maradona game
Osimhen in azione con la maglia Maradona game
di Angelo Rossi
Sabato 12 Novembre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 19:04
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L'ultimo round tra Stefano Ceci, l'ultimo procuratore di Diego Maradona, e gli eredi dell'asso argentino se l'è aggiudicato l'amico manager. Il Tribunale di Napoli ha revocato il provvedimento cautelare nei suoi confronti emesso mesi fa su istanza dei figli dell'ex capitàno del Napoli: è una storia che inizia lo scorso 21 settembre, quando la seconda sezione civile (giudice Vassallo) dette ragione agli eredi contro Ceci per sfruttamento dell'immagine di Diego. De Laurentiis e il Napoli avevano acquisito dal manager i diritti d'immagine, utilizzate per lanciare sul mercato maglie indossate dalla squadra azzurra con l'immagine del fuoriclasse.

Il Tribunale di Napoli aveva soddisfatto le richieste di Jorge Sebastian Baglietto, l'amministratore giudiziario nominato a Buenos Aires che tutela gli interessi dei cinque figli contro Ceci, legale rappresentante della Diez Fze, società con sede a Dubai.

Il Napoli aveva utilizzato l'immagine del campione sulle maglie già nello scorso campionato, dopo aver regolarmente sottoscritto un contratto con Ceci, che quei diritti li aveva sottoscritti con Diego qualche mese prima della sua morte. «Non ho niente contro il Napoli ma almeno potevano avvertirci o trovare una qualsiasi forma d'accordo con noi»: fu questa la presa di posizione dei cinque figli, resa pubblica da Diego junior e affidata all'amministratore Baglietto. Venne chiesto il sequestro dei ricavi derivanti da quel contratto, ipotizzando una cifra di poco superiore ai 400mila euro, ottenendone l'inibitoria. 

Anche il contratto stipulato con il Napoli, che superava appena i 20mila euro, era stato definito dal giudice «lesivo delle aspettative patrimoniali» che gli eredi hanno in relazione allo sfruttamento dell'immagine del pibe, definito «un simbolo planetario del calcio, riconosciuto e riconoscibile in tutto il mondo, il cui valore economico appare di portata quasi inestimabile». La commercializzazione sulle seimila maglie prodotte e vendute avrebbe fruttato guadagni per poco meno di un milione di euro: il contratto tra Ceci e Diego riconosceva a quest'ultimo (quindi agli eredi, post mortem). Furono i figli un mese dopo l'accordo tra Ceci e il club azzurro per le maglie create dall'architetto Klain, a notificare l'atto di diffida, ritenendo quell'uso indebito e provocando la rimozione di foto e immagini. 

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Ecco perché non potendo però intervenire sulle maglie già vendute, e tenuto conto della buona fede di Aurelio De Laurentiis, il giudice aveva emesso un'ordinanza inibitoria nei confronti di Ceci alla luce di un «comportamento abusivo», autorizzando tra l'altro un sequestro conservativo stabilito in 150mila euro. La sentenza emessa ieri revoca l'inibizione sia al manager che al Napoli «perché i diritti in possesso di Ceci sono validi e non vi è alcun giudizio definitivo che sostiene il contrario». Notizia accolta con grande soddisfazione dallo stesso Ceci: «Ne ero certo ma non polemizzo con chi getta fango sull'amicizia tra me e Diego». In teoria, il Napoli potrebbe quindi nuovamente far indossare ai propri calciatori maglie con l'immagine del suo immenso capitàno. 

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