Marco Bellinazzo e Il Napoli di Maradona: tre scudetti nella festa napoletana

Può uno scudetto cancellare ferite così profonde?

La festa dello scudetto
La festa dello scudetto
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Lunedì 23 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 24 Ottobre, 07:27
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Nella scorsa primavera si è compiuta a Napoli l'ennesima magia. Il terzo scudetto ha infatti saldato due epoche: quella di Maradona e quella di Spalletti, distanti tra loro più trent'anni. Ciò è accaduto per due ragioni. La prima: Diego è rimasto qui, anche dopo la sua partenza nel 1991 e la sua morte nel 2020. La seconda: l'allenatore, prima e dopo il trionfo, ha sempre sottolineato questa Presenza accanto ai suoi uomini. È stato proprio questo ad avere ispirato il libro del giornalista napoletano Marco Bellinazzo, firma del Sole 24 ore, sui successi del 1987 e del 2023. “Il Napoli di Maradona: il primo scudetto e l'ultima vittoria” (Editore Cairo, pagg. 357, euro 19,50) raccoglie le interviste di tanti protagonisti di quel tricolore atteso per 60 anni, arricchendole con recenti testimonianze, come quella di Ciro Ferrara.

L'ex difensore racconta la sua visita nel cimitero di Buenos Aires, dove Maradona riposa da quasi tre anni.

Descrive un sentimento che non potrà mai spegnersi, per lui come per un intero popolo, perché fu subito chiaro - a chi condivideva con Diego lo spogliatoio di Soccavo e a chi dagli spalti del San Paolo ne ammirava la classe - che quello era un uomo particolare. «Aveva nella sua indole il desiderio di rivalsa». La stessa spinta di una città spesso sconfitta e non solo nel calcio. Ed ecco perché, nella entusiasmante primavera del terzo scudetto, Maradona è come se fosse risorto, ponendosi al fianco di Spalletti, di Osimhen, di Kvara, di Di Lorenzo, quel bravo ragazzo che è adesso il capitano azzurro.

Bellinazzo, a un certo punto di questo viaggio in cui si riascoltano le parole e si rivedono le gesta dei Campioni del 1987, spegne il pc e si tuffa nella sua Napoli. Lo fa a inizio settembre, con alcuni striscioni e alcune scritte ancora visibili in una città straziata dall'omicidio di Giogiò, un giovane musicista colpito a morte da un assassino minorenne. Entra nella Chiesa dove si celebrano i funerali del giovane musicista e riflette sulle parole della madre di Giogiò, sul peso che questa donna straziata dal dolore attribuisce «alla Napoli della bellezza» e «alla Napoli della bruttezza». Può uno scudetto cancellare ferite così profonde? Se lo chiede, il tifoso Marco, mentre si arrampica lungo via De Deo, Quartieri spagnoli: qui viveva l'omicida di Giogiò, qui c'è il Murale di Maradona, luogo di culto anche adesso che si sono spente le luci sulla festa scudetto. È un'immersione nella «Napoli della bellezza» che fa bene al cuore.

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Poi il giornalista riaccende il pc e apre l'archivio, tirando fuori il documento con cui la Cassazione l'11 marzo 2021, quattro mesi dopo la sua morte, sancì che Maradona avrebbe avuto diritto al condono fiscale di cui beneficiò il Calcio Napoli, la sua ex società, fin dal 2013. Aveva ragione Diego, aveva ragione il legale napoletano Angelo Pisani. Un tardivo, molto tardivo, diritto al condono. Scrive Bellinazzo: «Una vittoria postuma, beffarda e parziale, per quanto netta, ma in ogni caso l'ultima vittoria di Maradona. Un uomo, comunque la si pensi, che ha sempre combattuto, vinto e perso le sue battaglie a viso aperto». Tra una settimana Diego avrebbe compiuto 63 anni: tanti sventoleranno, in suo onore, le bandiere azzurre col tricolore. Che è stato anche quello di Maradona. 

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