Napoli, senti Zola: «Con Calzona si può tornare in alto»

L'ex fantasista azzurro: «Il tecnico ha già ridato un’impronta molto importante alla squadra»

Osimhen e Di Lorenzo
Osimhen e Di Lorenzo
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Venerdì 23 Febbraio 2024, 06:00 - Ultimo agg. 17:00
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C’è Magic Box nello stadio Maradona. L’ex genietto tascabile che raccolse la maglia numero 10 del Pibe de Oro a Napoli dopo aver vinto lo scudetto l’anno prima da vice del D10S. Per l’Ufficiale dell’Impero Britannico, il vice presidente vicario della Lega Pro, Gianfranco Zola, questo non è mai un posto come un altro. «Mi ricordo tutto di quelle stagioni in azzurro, le ore che passavo a vedere gli allenamenti di Diego, Careca e tutti gli altri campioni a Soccavo. Io ragazzino che arrivavo da Oliena, paesino della Barbagia tra mandorli e Supramonte». È la notte del battesimo di Francesco Calzona. E a Zola non è dispiaciuto. «Il dna di questo Napoli è quello di una grande squadra. Ho intravisto con il Barcellona i segnali per tornare in alto».

Zola, peraltro domenica il Napoli va a Cagliari.

«La sfida che non vorrei mai veder giocare. Perché davvero sono pezzi diversi del mio cuore. Diversi, ma non distanti. Chiudo gli occhi e non faccio il tifo per nessuno. Ma è una gara che arriva in un momento particolare per entrambi».

Ranieri ha fatto un gesto alla... Ranieri.

«Vero, quello di dire “ecco qui ci sono le mie dimissioni” sono la testimonianza di chi è Ranieri. Ma solo chi non lo conosce se ne può meravigliare: è l’uomo giusto che può portare alla salvezza il mio Cagliari».

E al Napoli è arrivato il terzo allenatore in tre mesi.

«Che situazione incredibile. Lo confesso: mi aspettavo un calo dopo lo scudetto vinto, d’altronde anche noi nel ‘90 subimmo un contraccolpo l’anno successivo. Ma non di queste dimensioni, di queste proporzioni».

Verrebbe voglia di dire: quale il più grave errore?

«Forse, davvero le motivazioni. Forse, vinto lo scudetto doveva scattare nella squadra che ha dominato l’anno scorso una scintilla differente che, invece, non è arrivata. Non c’è stata la forza di autoricaricarsi e di adeguarsi alla nuova dimensione di campione d’Italia. Ma il Napoli è il Napoli e se lo devono ricordare sempre tutti».

Ma non è che i calciatori devono iniziare a fare autocritica?

«E chi lo dice che non lo abbiano già fatto? Per come conosco io gli spogliatoi, è un errore credere che ai giocatori non importi nulla se cacciano un allenatore. Non è così. Anche loro sanno che un esonero significa che a anche loro hanno fallito. E quando arrivi da una stagione come quella con Spalletti, la ferita va ancora più male».

Che sensazioni ha avuto da Napoli-Barcellona?

«Ho visto il lavoro di un allenatore che in poche ore ha già tentato di ridare l’impronta del Napoli dell’anno scorso. Attenzione, non è semplice. E non è scontato che ci riesca. Ma questi giocatori sanno quello che devono fare e può darsi che Calzona riesca a farli esprime di nuovo a quei livelli. Per molti momenti, il Napoli ha giocato davvero bene».

Alla fine, è sempre il campione che fa la differenza. Anche se non ci sono neppure alla lontana numeri 10 come lei.

«Il calcio è cambiato, non ha più bisogno di talenti come il mio, di giocatori con quelle caratteristiche. Oggi gli allenatori hanno bisogno di un altro tipo di atleta che vada in campo. Ecco, quelli tipo Osimhen. È rientrato e ha fatto gol. La squadra ha fatto una buona prestazione contro una grande squadra. E queste cose sono molto incoraggianti per il finale di questa stagione».

L’1-1 tiene aperte le porte dei quarti di Champions?

«Il Barcellona è una squadra di grandissimo talento, appena concedi qualcosa può farti male. E lo stesso potrà avvenire nel match di ritorno. Servirà il miglior Napoli per fermare i blaugrana».

A proposito di talenti, Zielinski non è nemmeno nella rosa della Champions.

«Inspiegabile. Per me è un clamoroso autogol, il Napoli ha bisogno della sua qualità. In Inghilterra non sarebbe successo mai, un giocatore resta un patrimonio della società fino all’ultimo giorno di contratto».

Xavi va via, Calzona ha tre mesi di contratto. Sembra la sfida tra allenatori senza futuro.

«E che importa. Annunciare l’addio in anticipo è un modo serio per consentire a un club di pianificare le scelte. Ed è un modo anche per essere sinceri nei confronti dei calciatori e dei tifosi. Xavi ha fatto quello che Klopp ha fatto a Liverpool e Tuchel al Bayern Monaco. Chi può mai credere che fino alla fine non facciano il massimo per i loro club».

Chi vince la Champions?

«Direi che le favorite sono le solite, ovvero il Manchester City e il Real Madrid. Ma voglio aggiungere l’Inter: ha una rosa profonda, ha qualità e una serenità che le arriva da un campionato italiano dove difficilmente troverà ostacoli sulla via dello scudetto».

Il Napoli si può rialzare?

«In tanti hanno fatto con Spalletti un campionato straordinario, forse al di sopra di quello che era il proprio valore. E ora sembrano deludenti. Ma sono sicuro che i vari Anguissa, Kvara, Lobotka hanno le potenzialità per tornare a quei livelli».

Non è che il fatto che Calzona abbia un contratto così breve possa indebolirlo al cospetto della squadra?

«Ci sono ombre. Come anche il fatto che durante questo tempo dovrà occuparsi della nazionale slovacca. E questo può creare delle difficoltà. Ma vedo in Francesco l’entusiasmo che in questi casi aiuta a far superare eventuali problemi. E poi anche lui è di quella scuola che piace a me».

Quella del bel gioco?

«Esatto. Il risultato non può prescindere dal gioco. È la mentalità di Gilardino, Palladino e Thiago Motta».

Al posto di Spalletti sarebbe preoccupato per l’involuzione di Raspadori?

«Jack è un ottimo attaccante, soffre per il poco spazio che ha in questo momento ma chi al suo posto non andrebbe in difficoltà. Ma Luciano sa bene cosa può dare e il suo valore. E credo che non rinuncerà a lui nonostante giochi poco con il Napoli».