Napoli in crisi, intervista ad Albertino Bigon: «Anche Spalletti avrebbe sofferto»

Le parole dell'allenatore del secondo scudetto del Napoli

Tutta la delusione di Victor Osimhen
Tutta la delusione di Victor Osimhen
Eugenio Marottadi Eugenio Marotta
Giovedì 12 Ottobre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17:54
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È stato l'allenatore del secondo scudetto del Napoli, ha gestito l'ultimo Maradona ed ora guarda alle vicende del club azzurro dal suo buen retiro sui Colli Euganei a Padova. Albertino Bigon sa cosa significa vincere un campionato ed anche quanto sia difficile giocare con lo scudetto sul petto. E quando gli si chiede di Garcia non usa mezzi termini.

Il destino del tecnico è appeso ad un filo: è il solito tritacarne del calcio?
«Come sempre dall'esterno è difficilissimo giudicare e capire cosa stia succedendo.

Forse non è un tritacarne, ma qualcosa che ci somiglia moltissimo».

Le parole di DeLa lasciano poco spazio alle interpretazioni.
«Tanti allenatori sono stati sostituiti: il vecchio prof. Scoglio mi aveva insegnato che gli esoneri a volte sono medaglie d'oro che ti mettono al petto».

In che senso?
«Perché chi viene dopo di te può anche fare peggio. Io sono stato esonerato una volta a Lecce ed una volta ho dato le dimissioni ad Ascoli. Se non riesco a centrare l'obiettivo che mi ero prefissato con la società preferisco andarmene. E l'ho fatto ad Ascoli. A Lecce è arrivato il mio primo esonero in carriera e dopo sei partite sono venuti a riprendermi».

Analogie con quello che sta accadendo a Napoli?
«Non sempre è così. Non sempre ha ragione l'allenatore e non sempre il presidente. Ma è la storia del calcio. Solo il futuro potrà dirlo. A parte che per il momento mi pare si vada avanti con Garcia».

Ma le dichiarazioni del presidente lo hanno delegittimato secondo Lei?
«Non c'è dubbio».

Come si deve comportare un allenatore in questi casi?
«Quando il presidente non comunica o non trasmette sintonia con l'allenatore quest'ultimo è un uomo che va negli spogliatoi decapitato. È uno zombie che cammina. Chi va nello spogliatoio deve essere supportato ed appoggiato dalla società. Poi a volte capita e succede che bisogna arrivare a dirsi addio, e a volte è addirittura necessario».

Ma con quale spirito si allena così?
«Provo mettermi nei panni di Garcia: vado al campo, faccio quello che devo fare al rientro con un gruppo di giocatori senza tanti nazionali e tento di auto convincermi che non è cambiato nulla. Però non lo so... Io non ci riuscivo».

Le è capitato?
«Si al Sion, sono stato defenestrato dopo aver fatto l'impossibile».

E Garcia non ha fatto l'impossibile?
«Credetemi: sarebbe successo anche a Spalletti se fosse rimasto e dopo tre quattro mesi non arrivavano i risultati».

Quindi anche Spalletti avrebbe avuto difficoltà secondo lei?
«Assolutamente. Perché non c'è più Kim e in difesa gli equilibri non sono quelli di prima. Sicuramente Spalletti non avrebbe avuto questa distanza dalla vetta, conoscendo meglio le bestie che si ritrovava in squadra il Napoli. Però non sarebbe stato facile neppure per lui».

Qual è il motivo?
«Quasi sempre la squadra che ha vinto comunque è un po' appagata. Certi giocatori hanno meno fame. Prendete Kvaratskhelia per esempio».

Prendiamolo come esempio.
«Hanno imparato a raddoppiarlo. E lo stesso Kvara, che ce la mette sicuramente tutta, ha un po' meno fame dell'anno scorso a mio parere. Ma è una cosa naturale e tipicamente umana».

A proposito di spogliatoio, le reazioni per le sostituzioni sono state più di un campanello d'allarme?
«Effettivamente dall'esterno sono cose antipatiche da vedere. E possono dire qualcosa che però da fuori non sappiamo. Qualche volta è capitato anche a me ed ho fatto quello che mi diceva la testa. Ma sono episodi isolati che ovviamente capitano se le cose non vanno bene. Altrimenti nessuno parla».

Fa male vedere il Napoli così attardato in classifica?
«Non fa piacere, ma invito tutti a ricordare che anche il Milan, l'anno scorso, aveva vinto lo scudetto ed aveva in panchina lo stesso allenatore. E com'è andata? È lapalissiano che ripetersi sia terribilmente difficile».

È più difficile fare l'allenatore come ha fatto lei o il diesse come ha fatto suo figlio in piazze come quella azzurra?
«A me non sarebbe piaciuto fare il ds e non mi è mai piaciuto fare l'allenatore. Avrei preferito fare il direttore generale perché a mio avviso ha più potere».

Ma non ha risposto.
«E non risponderò...». 

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