Kvara, luce e fango: come voleva Diego

Si è messo a inventare calcio anche se a guardarlo bene sembrava biliardo.

Khvicha Kvaratskhelia alla cerimonia scudetto
Khvicha Kvaratskhelia alla cerimonia scudetto
Lunedì 8 Maggio 2023, 08:32 - Ultimo agg. 17:38
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Come in ogni festa che si rispetti il meglio sta nelle cucine, nei bagni, ai margini. Prima che dalla panchina si alzasse Khvicha Kvaratskhelia la partita del Napoli era in stallo, con la Fiorentina che possedeva e palleggiava; poi Lozano si è fatto male e Spalletti ha dovuto tirare fuori dalle cucine il georgiano. E Kvara, che è ancora selvaggio e si diverte davvero a giocare e dribblare, concepire e perdersi sulla fascia, si è messo a inventare calcio anche se a guardarlo bene sembrava biliardo.

Uno di quei vecchi film di Francesco Nuti sul biliardo, con la notte fuori e il silenzio, anche se il "Maradona" tuonava e borbottava come il ventre di un vulcano. Con Kvara campione di biliardo venuto dall'est. In fondo si tratta di due rettangoli verdi di misure differenti, uniti dalle giocate di Kvara.

Piccoli tocchi di sponda con effetto, palloni smorzati e prima accarezzati, guizzi con alzate di palle, piedi flessibili e calciatori saltati come birilli, con una rapidità che produce bellezza. Il pensiero sornione prima dell'azione.

Ogni volta che tocca a lui sembra un videogioco che mette insieme la pallastrada e il calcetto da spiaggia, aggancia, coccola e trasforma palloni sporchi in azioni d'attacco. Le sue finte a ripetizione con le gambe che frullano fanno impazzire chiunque se lo ritrova davanti. Kvara ha carisma e sangue freddo mentre cerca la crudeltà del gol. Oscilla pensieroso preparando i colpi, cercagli spazi e le buche, mischiando accelerazioni e frenate. I suoi movimenti sono arabeschi che tira dentro dalla sua infanzia, amarcord pallonaro, che lo allontana dai calciatori impiegatizi.

 

Kvara ride e dribbla, ride e avanza, ride e si diverte, tornando bambino appena riceve il pallone. Apre spazi, barbaro, rompe schemi, penetra, si insinua e diventa padrone dell'area di rigore. È un amanuense del dribbling, anche quando si incaponisce perché non gli riesce quello perfetto. La Fiorentina l'ha sofferto tantissimo, entrando ha cambiato la partita. Poi Spalletti c'ha messo il carico con Zieliski e Lobotka, e la partita della festa è diventata una festa di partita. Trova anche il tempo di consolare Osimhen che sbaglia il suo primo rigore. Poi Kvara riprende a fare Charlie Parker, con una musica tutta sua che scende lungo la fascia sinistra e arriva in mezzo. Solitaire et Solidaire. Fiato e finte, zigzag e tocchi delicati, morbidissimi, da calcetto o da calciatore brasiliano.

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Kvara non avrebbe sfigurato in un Brasile di qualche decennio fa: rapidità e classe, divertimento ed evangelizzazione pallonara: chiunque lo veda giocare non può che innamorarsi di questo sport. Porta il fuoco Kvara. Dribbla e dribbla e dribbla. E Nico Gonzalez lo stende. Così, procura il secondo rigore, quello che Osimhen chiede di tirare a Zielinski rassicurando il capitano Di Lorenzo per l'occasione tuttocampista: salta da una fascia all'altra, cercando il gol ed evitandolo, e che segna tirando dalla stessa parte, nello stesso angolo, solo un po' più su, un po' più in là, un po' più in fondo oltre le mani di Pietro Terracciano. Poi Osimhen esce e Kvara continua a danzare. Continua a divertirsi cesellando i gesti. Mostrando l'incanto segreto del palleggio, l'aristocrazia del dribblomaniaco che distribuisce sberleffi che seguono tunnel, giravolte, finte. È un punto d'appoggio e d'invenzione. Un instancabile suggeritore che dopo aver saccheggiato i riflessi e la pazienza dei difensori avversari libera il pallone per i compagni nel migliore dei modi. Kvara non porta solo la luce, porta anche il fango che piaceva a Maradona. Apoteosi della samba dell'est.

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