Napoli-Lazio, Sarri sfida il suo passato: non ha mai vinto a Fuorigrotta

Del suo Napoli non c'è nulla, se non il preparatore Sinatti, Mario Rui e Zielinski

Maurizio Sarri
Maurizio Sarri
di Pino Taormina
Venerdì 3 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 19:50
4 Minuti di Lettura

Il comandante si affaccia con un pizzico di malinconia sul balcone che dà verso lo stadio. Un lungo sospiro e poi via nella sala per la riunione tecnica che tiene a tarda serata con il resto del suo storico staff (Ianni, Nenci, Ranzato e Iosi). La Lazio alloggia lì, nell'hotel che sta a ridosso della Mostra d'Oltremare e che guarda verso la Curva A e la Tribuna Posillipo. Maurizio Sarri è molto meno orso di quello che può sembrare: avrebbe fatto di tutto per regalare lo scudetto al Napoli e a Napoli cinque anni fa. Non si è travestito da capopopolo, lui nei tre anni in azzurro si è proprio sentito il grande condottiero di una città che sognava lo scudetto, che lo bramava, che lo desiderava. Si era immedesimato in quel sogno e non è vero che ha pensato ai 91 punti come traguardo personale. Non ha invidia per Spalletti, però la notte dello scudetto perso in hotel, con l'Inter che viene sconfitta dalla Juventus gli è rimasta addosso, come una dolorosa bruciatura che non è stata mai cancellata né dalla scudetto vinto con la Juventus né dai trofei conquistati al Chelsea. Del suo Napoli non c'è nulla, se non il preparatore Sinatti (con cui però da tempo è calato il gelo) Mario Rui e Zielinski. Ma riabbraccia sempre con piacere Cristiano Giuntoli e in particolare Beppe Pompilio. C'è una piccolo retroscena: quando seppe dell'ingaggio di Ancelotti da parte di De Laurentiis, era a cena proprio con Pompilio, storico braccio destro di Giuntoli, per provare a trovare un'intesa su come andare avanti nel matrimonio burrascoso con De Laurentiis. Acqua passata. Sarà felice, come sempre, di abbracciare Tommaso che, come le altre volte in cui è già stato ospite al Maradona come avversario, gli porterà un caffè. 

È rimasto quello di sempre.

L'idea di aver giocato lunedì sera con la Sampdoria e di dover tornare in campo 4 giorni dopo (col Napoli che ha riposato due giorni in più) perché martedì deve giocare la Conference League con l'Az, gli fa saltare i nervi. Si trattiene. Da quando le strade del Napoli e di Sarri si sono separate, Maurizio ha sempre perso contro la squadra per cui faceva il tifo fin da quando, bambino, aveva lasciato Bagnoli dove è nato, per spostarsi nel Valdarno. In realtà, al primo incrocio allo Stadium, ad agosto del 2018, la Juventus vinse per 4-3 ma lui non era in panchina perché colpito da una polmonite. Le quattro volte successive, invece, è sempre finito ko: una - forse la più dolorosa - in finale di Coppa Italia all'Olimpico, durante il lockdown, vinto ai rigori dagli azzurri di Gattuso. Al Maradona, nei due precedenti, ha perso 2-1 quando ancora c'era Ringhio e 4-0 lo scorso anno, nella prima partita in cui lo stadio veniva intitolato al Pibe de Oro, appena morto. Con De Laurentiis i rapporti sono rimasti freddi: tant'è che rimase assai sorpreso quando ricevette, a gennaio del 2020, una telefonata dal patron, per capire se a fine anno sarebbe stato contento di tornare a Napoli. Alla fine, preferì Spalletti. Ma Sarri, in ogni caso, difficilmente (per non dire mai) sarebbe tornato sulla panchina azzurra. Nonostante il legame che c'è col tifo azzurro. Ci sono momenti difficili da dimenticare per il tecnico ora alla Lazio: la ferita più dolorosa non è stata la scelta di Ancelotti dopo i 91 punti, ma le parole pronunciate nel ventre del Bernabeu, dopo la notte magica della sfida al Real Madrid in cui il Napoli uscì tra gli applausi. «Non capisco certe scelte», accusò severo De Laurentiis. Da lì in poi, un lento logoramento dei rapporti. Con quelle clausole e quelle penali sempre a condizionare i rapporti contrattuali. Sarri lo sa che stasera i 47mila dello stadio lo applaudiranno, non c'è alcun tipo di rancore nei suoi confronti. È andato alla Juventus, ma lo ha fatto dopo l'esperienza a Londra: «Non sarei mai andato dal Napoli direttamente alla Juventus». Stasera Sarri renderà omaggio all'altra Grande Bellezza creata da De Laurentiis, che ha la regia di Spalletti e non la sua. Di quel Luciano che, dopo uno 0-0 definì «ministro della difesa» mentre Spalletti replicò chiamandolo «ministro dell'economia». Stasera daranno spettacolo, è quello che vuole la gente anche perché a centrocampo conferma il terzetto Milinkovic-Cataldi-Luis Alberto e davanti dovrebbe recuperare Zaccagni da mettere al fianco di Immobile e Felipe Anderson nel tridente. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA