Le interviste immaginarie, Pesaola: «Io come Mazzarri richiamato ad allenare il Napoli dopo 10 anni»

Prima calciatore, poi sulla panchina azzurra per due volte

Bruno Pesaola
Bruno Pesaola
Gigi Di Fioredi Gigi Di Fiore
Lunedì 20 Novembre 2023, 08:19 - Ultimo agg. 21 Novembre, 07:04
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Ma davvero, nella storia del Napoli, nessun presidente, come Aurelio De Laurentiis, è stato così invadente sul lavoro dell'allenatore, presenziando agli allenamenti? No, nei suoi corsi e ricorsi, la lunga storia del Napoli dice il contrario con precedenti che ricordano l'attualità. La memoria va ad Achille Lauro, armatore, sindaco, parlamentare e leader del partito monarchico, editore, ma anche, per oltre un ventennio, al vertice del Napoli. Presidente «invadente», che faceva sentire il suo peso sull'allenatore e la squadra.

Era il Napoli di Jeppson, Pesaola, Vitali e Vinicio.

Per sette anni, allenatore fu Eraldo Monzeglio, da calciatore due volte campione del mondo con la Nazionale. La squadra non girava nonostante acquisti di rilievo come l'oriundo Pesaola e, l'8 novembre 1952, Lauro ne scaricò le responsabilità sull'allenatore Monzeglio dichiarando al «Corriere dello sport»: «Colpa sua se la squadra non va, ho seguito le sue indicazioni sugli acquisti che poi non valorizza». Monzeglio, sfiduciato pubblicamente, si dimise. Ma Lauro, con dichiarazione all'Ansa, fu categorico: «No, l'allenatore resta. Decido io».

Fiducia in bilico tra i due, ma l'allenatore rimase, mentre Lauro, nelle sue metamorfosi al vertice societario, nel 1954 era dietro le quinte con Alfonso Cuomo presidente. Allo stadio del Vomero, il 7 novembre 1954 il Novara in zona retrocessione mise al tappeto il Napoli per 2 a 1. Lauro scese infuriato negli spogliatoi. Urla, accuse. Bersaglio fu soprattutto lo svogliato Jeppson. Nuove dimissioni di Monzeglio, poi ritirate. Per «svogliatezza» furono però multati Jeppson per 60mila lire e il resto della squadra per 30mila lire. L'ultimo scontro presidente-allenatore il 20 novembre 1955, sempre negli spogliatoi dello stadio vomerese. Nell'intervallo della partita contro la Juventus, il Napoli era sotto di un gol. Lauro non si controllò: «Traditori, ladri, fannulloni» urlò ai calciatori. Monzeglio gli rispose: «Qui dentro comando io, sono io che muovo rimproveri, io il responsabile. A fine partita farà quello che vuole, ora no».

L'allenatore dalla brillante carriera di calciatore ne aveva abbastanza. La partita fu pareggiata con un gol di Vinicio. Ma per Monzeglio fu il capolinea: Lauro lo sostituì con il calciatore-allenatore Amadei, che era il suo infiltrato negli spogliatoi su cui gli riferiva ogni cosa. L'esonero nacque anche in quello spogliatoio schierato contro l'allenatore, con i leader Vitali, Pesaola, Castelli, Granata e Tre Re in testa. Monzeglio lasciò la panchina azzurra, allenatore più longevo nella storia azzurra, che aveva conquistato una promozione dalla B e anche un quarto posto in serie A che, con le regole attuali, avrebbe fruttato la qualificazione in Champion. Lauro non si smentì mai, arrivando anche a vedere le partite da dirigente in campo. Metteva il naso nelle formazioni e Renato Cesarini, nell'unico anno che affiancò Amadei da direttore tecnico, dichiarò: «Come si fa a discutere di tecnica con chi non ne ha competenza?» Era il 1960. Storie di 63 anni fa.
 

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