Napoli, senti Quagliarella: ​«Real e scudetto, tutto è possibile»

L’ex attaccante azzurro, ritiratosi a 40 anni, su Mazzarri: «Può fare la differenza per come gestisce il gruppo ed esalta il gioco offensivo»

Quagliarella con Mazzarri
Quagliarella con Mazzarri
di Bruno Majorano
Martedì 28 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 29 Novembre, 07:27
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Presente, passato ma anche futuro. Fabio Quagliarella è un fiume in piena. Ne ha per tutti. Da quando ha deciso di smettere con il calcio giocato, si è dato a quello “parlato”. Opinionista negli studi di Sky Sport, dove domani aspetta il Napoli per commentare il risultato della delicatissima sfida di Mardid in Champions.

Le è piaciuta la partita di Bergamo?
«Nel primo tempo il Napoli ha giocato proprio bene. Si è rivisto un po’ il vecchio gioco. E non era facile l’esordio di Mazzarri su un campo così difficile. Le squadre di Gasperini se la giocano contro tutti. Infatti nel secondo tempo il Napoli è un po’ calato, ma ci può stare».

Facciamo un passo indietro: si aspettava un inizio di stagione così difficile per il Napoli?
«Ripetere quello che hai fatto l’anno prima non è mai facile. Inconsciamente puoi lasciare qualcosa per strada mentre prima stavi sempre sul pezzo. E poi puoi avere qualche difficoltà anche perché tutti vogliono battere i campioni d’Italia».

L’effetto nuovo allenatore?
«Il cambio in panchina non è mai facile.

Ma vedo il Napoli che è ancora lì. La vittoria di Bergamo è stata fondamentale per restare in scia. Siamo ancora a novembre e il campionato è ancora molto lungo. Può succedere di tutto».

Dicevamo dell’allenatore: è tornato Mazzarri. 
«Mi ha fatto effetto rivederlo sulla panchina del Napoli. Magari poteva essere una scelta strana, ma se ci ragioni è uno che conosce benissimo l’ambiente».

Lei lo ha avuto come allenatore a Napoli nel 2009.
«Era arrivato in corsa, quando avevano mandato via Donadoni, e abbiamo raggiunto la qualificazione in Europa. Sapeva quello che voleva e te lo metteva in testa. Parlava tanto con i giocatori e ti faceva capire il suo modo di giocare».

Cosa le piaceva del suo modo di allenare?
«Voleva creare tante palle gol per gli attaccanti e infatti con lui sono arrivato a 11 reti in campionato. Gli attaccanti li allena benissimo».

Lei ha una preferenza per Raspadori e non la nasconde.
«È vero: mi piace tantissimo. Quel tipo di attaccante mi rappresenta. Sa fare un po’ tutto. Giocare la palla, calciare con destro e sinistro e mi piace anche come ragazzo: è serio. Lo puoi mettere come prima punta, alle spalle dell’attaccante, oppure spostato sulla fascia. Sa venire incontro e proteggere palla».

E Osimhen?
«Ha caratteristiche diverse. È meno bravo nello stretto, ma quando ha 40 metri di campo ti devi spostare perché arriva come una motocicletta. Per non parlare dello stacco di testa».

Lei ha giocato fino a 40 anni in serie A, Osimhen è rimasto nonostante le ricche offerte dall’Arabia...
«La sua è stata una scelta giustissima. È la punta di diamante della squadra campione d’Italia e comunque guadagna bene. Magari alla questione economica ci penserà tra 10 anni».

Restiamo sugli attaccanti: alla Nazionale manca il bomber.
«Spalletti se lo sta costruendo. Ma giocare in Nazionale non è facile perché hai sempre pressione addosso. Invece l’attaccante deve sentire la fiducia».

Torniamo a Napoli, domani c’è la sfida al Real in Champions.
«Sarà una partita affascinante e te la devi giocare. Il Napoli non è più la Cenerentola della Champions, ma va considerata una big. Il Real è il Real, ma lo affronti con una consapevolezza diversa. Rispettandolo e sapendo di poter dire la tua».

La sua ultima volta in campo è stata lo scorso 4 giugno al Maradona con la Sampdoria: bello scherzo del destino.
«Quando era uscito il calendario a inizio stagione non potevo credere a questo scherzo del destino. Avrei preferito un epilogo diverso per la mia Sampdoria, ma quella giornata non la dimenticherò mai, nonostante la retrocessione. Ho giocato la mia ultima gara a Napoli, contro il Napoli già campione d’Italia dopo 33 anni e nello stadio intitolato a Maradona. Inaspettatamente mi hanno dato una targa sotto la curva e al momento della sostituzione mi hanno abbracciato tutti. Ancora oggi quando ci penso mi vengono i brividi. Ho un quadro dove ho conservato tutto anche la sciarpa, i parastinchi».

Ma perché ha smesso?
«Avevo pensato già ad agosto 2022 che quello sarebbe stato il mio ultimo campionato. Poi c’era stato qualche ripensamento visto come stava andando la Samp. Mi sono allenato fino all’ultimo giorno e sarei stato pronto a dare una mano alla squadra anche in serie B. Con il cambio di proprietà la società ha fatto altre scelte decidendo di puntare sui giovani e a quel punto si è spento l’interruttore».

E ora cosa farà?
«Ero incuriosito da questa avventura in tv che ora mi affascina e mi diverte. Ma sicuramente prenderò il patentino da allenatore, oltre a quello Uefa B che ho già. Come potrei prendere anche quello da direttore sportivo per tenere aperte tutte le strade. Sicuramente farò la gavetta». 

Intanto la Juve Stabia è prima in serie C.
«Vederla lì mi fa un effetto bellissimo. Anni fa dissi che mi sarebbe piaciuto chiudere la carriere alla Juve Stabia. Ma non pensavo di giocare fino a 40 anni in serie A. In estate ho parlato con i tifosi, sono stato sincero: ho detto che mi dispiaceva non essere nelle condizioni di poter giocare tutte le partite come avrei voluto e sopratutto di farli divertire. Mi avrebbe fatto piacere chiudere la carriera alla Juve Stabia da protagonista, non da comparsa. Hanno capito e ora mi aspettano in curva».

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