Osimhen, l'ultimo tabù: un gol alle big della serie A

Il capocannoniere non ha mai segnato a Juve, Milan e Inter

Victor Osimhen capocannoniere della serie A
Victor Osimhen capocannoniere della serie A
di Pino Taormina
Martedì 10 Gennaio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 07:40
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Il calcio è quella cosa che si gioca in undici contro undici, e molto spesso segna Osimhen. Dieci volte in questa stagione. Quando fa gol non dice e non fa mai nulla di particolarmente solenne, a parte le prime parole dopo una vittoria molto sua, quella di Marassi: «Sono solo uno dei tanti leader», ha spiegato appena arrivato il fischio finale di Sampdoria-Napoli. È già nella storia dei grandi numeri 9 (vero o falsi) della storia azzurra. Unica cosa che proprio si fa fatica a mandare giù: i suoi capelli mechati, che fanno tanto ragazzo da 24 anni. Quello di Marassi non è il suo gol più bello. Perché, come ha confessato al Mattino poco prima di Natale, «quello più bello sarà il gol che ci farà vincere lo scudetto». Questo gol regala il titolo di campione di inverno. Mezzo scudetto. Che non vale nulla. E lo sanno tutti. Osimhen è tutto casa e campo di allenamento: ieri ha trascorso il pomeriggio di pioggia con la figlia Haly, pochi mesi e già tanti ricci. Da oggi c'è la Juventus nel mirino e quella piccola maledizione che lo insegue da quando è in Italia: non ha ancora fatto gol alle tiranne della serie A, Inter, Milan e Juventus. Nelle nove occasioni in cui le ha affrontate, non è riuscito a dimostrare che quella supervalutazione estiva da 140 milioni è sacrosanta.

Non è vero che fallisce le grandi notti.

Non è vero che è bello solo con le piccole. Perché lui, segna o non segna, è sempre decisivo. Mister Osi gioca un calcio straripante, tutto istinto e impeto. Fa reparto da sé. La sua specialità è la corsa feroce negli spazi perduti dell'avversario: il povero Rincon, domenica pomeriggio, non poteva far altro che commettere un fallo punito col rosso. Il gol alla Sampdoria è una illustrazione perfetta di cosa è un numero 9: il servizio di Mario Rui pare quasi cogliere uragano Osi in impercettibile ritardo, ma lo scatto è impressionante e porta il numero 9 ad anticipare Murru, passando da dietro a Nuytinck. Insomma, fa quello che vuole e a rapidità vertiginosa. Ha una caratteristica: mentre un po' tutti cercano le parole per dire quello che ha fatto, lui potrebbe rifarlo almeno altre cinque volte. Ma il ragazzo cresciuto a Lagos deve rompere un tabù, spazzarlo via: deve diventare un'ammazzagrandi. E ancora non lo è. Ha fatto gol alla Roma in questa stagione, e quindi un piccolo passo lo ha fatto. E poi un altro alla Lazio di Immobile. I suoi gol, in ogni caso, non si contano, ma si pesano. E sono sempre decisivi, determinanti. Spalletti sa di avere tra le mani una pepita d'oro. E se tutti possono avere dei margini di turnover, lui è fuori dai giochi: il povero Simeone lo ha capito, è scivolato delle gerarchie nonostante quello che di buono ha fatto durante le settimane di stop del nigeriano. 

Osi è uno che non si ferma mai. In ombra a San Siro, scatenato con la Sampdoria. E ora arriva la Juventus. Lui, basta parlargli per capirlo, è quasi il figlio o il fratello che ognuno di noi vorrebbe avere. Lucianone lo ha fatto crescere rispetto ai tempi di Gattuso. Non sente più l'obbligo del gol impossibile e sacro, gli bastano quelli normali: dieci gol fino ad adesso (più un altro in Champions, quello all'Ajax). Osi sa bene di aver trovato la squadra perfetta e il campionato ideale: perché se la tua vocazione è arare chilometri d'erba senza fermarti mai, il 4-3-3 di Spalletti ti offre tutto il prato che desideri da qui all'eternità. Ed è proprio quello l'elemento naturale dove Victor ne combina di tutti i colori. Ma ora deve pensare a come infilzare gente che si chiama Danilo e Bremer (che lo scorso anno ai tempi del Torino vide le streghe al cospetto di Osi) dopo aver patito le pene dell'inferno contro i nerazzurri blindati da una difesa molto simile a un catenaccio. Spalletti prepara Osi a una partita assai simile a quella di San Siro: la Juve è tanta difesa e poco (anzi, pochissimo) altro. Dunque, la ricetta è semplice: bisogna pazientare e attendere una sua memorabile zuccata. 

 

Sicuro, non è una esagerazione. 140 milioni, tanto pensa De Laurentiis che valga Osi, l'attaccante che è come un gorgo, una fossa delle Marianne che inabissa qualunque cosa gli capiti nei radar (attira palloni, affoga avversari), è una calamita umana. Lo spaventoso Osimhen risolve e chiude le gare quando vuole, come vuole. È il faro della macchina creata da Spalletti, che costringe Raspadori e appunto il Cholito Simeone a stare alla finestra. Il nigeriano sa fare tutto bene: otto gol nelle ultime otto gare. È senza dubbio, il nuovo sovrano del Napoli. Insostituibile. Sia pure poco cannibale: lui il rigore ad Elmas non lo avrebbe mai fatto calciare. In questo, ha mostrato una ferocia che non è tipica dei numeri 9. Ma in ogni caso si è accontentato da dare un suggerimento al macedone. Ora Osi rompa l'ultima maledizione: faccia gol alla Juventus. Ci saranno 50mila tifosi napoletani a dargli un sostegno. 

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