Scudetto Napoli, quei sogni celesti di un secolo fa

I colori del Naples Foot Ball Club fondato dall'ingegnere Salsi

La grande festa azzurra
La grande festa azzurra
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Mercoledì 10 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:30
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C'è un'analogia tra il Napoli di Spalletti e il Naples Foot Ball Club del 1905? Sì. Ed è il numero dei calciatori stranieri. Perché nella squadra azzurra che ha conquistato sei giorni fa a Udine il terzo scudetto vi è una percentuale davvero bassa di italiani, il 30 per cento, e soltanto due di essi sono titolari fissi: il portiere Meret e il capitano Di Lorenzo. E 118 anni fa, nel Naples Foot Ball Club fondato dall'ingegnere Luigi Salsi, gli italiani - anzi, i napoletani - erano tre, come raccontò lo scrittore Roberto Ciuni, storico direttore del Mattino, nel libro “Il pallone di Napoli”. Due avevano un cognome celebre: Michele e Paolo Scarfoglio, figli di Edoardo e Matilde Serao, i fondatori del Mattino. L'altro era il portiere Michele Conforti, che - scrisse Ciuni - «portava tra i pali una sedia e, quando l'azione di gioco avveniva nell'altra metà del campo, si accomodava tranquillo in attesa».

In quel Napoli non vi erano georgiani, nigeriani, slovacchi, coreani e messicani. Ma, tra gli altri, due tedeschi, un inglese, un danese, uno svizzero e un belga. Erano stati gli stranieri a trasmettere ai giovani napoletani la passione per il calcio e a suggerire agli imprenditori l'idea di creare le squadre. E così nel 1905 l'ingegnere Salsi diede vita a una formazione dai colori celeste e blu, come ricordò Nino Masiello nel libro “Il tempo di maggio”. Prime partite giocate in un giardino di limoni al Mandracchio e primo trofeo vinto la Coppa Salsi, messa il palio appunto dal presidente, più volte conquistato tra il 1909 e il 1912. Oltre cento anni fa lo spogliatoio era già affollato di stranieri, come spiegò Antonio Ghirelli a Maurizio Barendson pubblicata nel libro “Intervista sul Calcio Napoli”: «Gli italiani rappresentano una piccola minoranza fatta di borghesia imprenditoriale e intellettuale, reclutata in quel settore della società locale che aveva una mentalità sufficientemente cosmopolita.

Napoli anche allora aveva il grande respiro della capitale».

Nei giorni del terzo scudetto Stefania Capaldo, la nipote dell'ingegnere Salsi, ha riletto le pagine di quella meravigliosa storia. «Mio nonno aveva una straordinaria passione per lo sport in generale, era infatti anche frequentatore dei circoli cittadini. Avrebbe voluto che il calcio potesse diffondersi tra i giovani napoletani. Ecco perché io e mio figlio Alessandro Zampaglione stiamo pensando all'organizzazione di un torneo per i ragazzi dei nostri quartieri. È un modo per ricordare chi all'inizio dello scorso secolo ha lanciato il calcio in una città che adesso sta celebrando il trionfo della squadra di Spalletti. Grazie a Maradona e a questi ragazzi il sogno di oltre cent'anni fa si è realizzato». Nel Napoli di oggi c'è soltanto un napoletano nella rosa, il centrocampista Gaetano. Nella serata della festa al Maradona l'ex capitano Ferrara, opinionista Dazn, ha ricordato a Spalletti quanti erano i campani nella squadra del primo scudetto, vinto esattamente 36 anni fa, 10 maggio 87: tredici. E pensare che adesso ci sono diciannove stranieri. 

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