Cosa spinge una o più persone, presenti a se stesse e dotate, si presume, di capacità di intendere e di volere a realizzare con le proprie mani uno striscione che in occasione di una partita di calcio parla di coordinate e bombardamenti mentre l'Europa, il mondo, il Paese in cui loro stesse vivono sono alle prese con la necessità di scongiurare la terza guerra mondiale? No. Non è stupidità. Non è goliardia. Le coordinate messe nero su bianco in quello striscione dai veronesi non sono quelle di una squadra di calcio ma quelle di una città, Napoli. Che esiste anche al di là del calcio. E siccome non è la prima volta che i napoletani sono costretti a rispondere con l'ironia al razzismo becero dei tifosi scaligeri, a questo punto appare più che probabile che la causa di tali comportamenti sia insita in una ragione di natura psicanalitica.
Dopo gli insulti, gli auguri di bombardamenti, gli ululati razzisti all'indirizzo del capitano Koulibaly, è chiaro che ciò che conduce i veronesi ad adottare comportamenti di questo tipo è la famosissima «invidia del pene» e cioè, per traslazione, il senso di angoscia che per Freud sperimentano le bambine quando si rendono conto che mai e poi mai avranno nella vita ciò che contraddistingue i colleghi maschi.