Il telescopio Webb della Nasa individua le «fabbriche» di polvere cosmica in due supernove

Le osservazioni di due supernove hanno rivelato che durante il collasso vengono rilasciate grandi quantità di polvere

Credits: KPNO, NSF's NOIRLab, AURA, Alyssa Pagan (STScI)
Credits: KPNO, NSF's NOIRLab, AURA, Alyssa Pagan (STScI)
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 7 Luglio 2023, 20:26
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I ricercatori che utilizzano il telescopio spaziale James Webb di NASA, Esa e Csa, hanno fatto passi da gigante nella conferma della fonte di polvere cosmica nelle prime galassie. Le osservazioni di due supernove di tipo II, Supernova 2004et (SN 2004et) e Supernova 2017eaw (SN 2017eaw), hanno rivelato che durante il collasso vengono rilasciate grandi quantità di polvere all’interno dei getti di materiale stellare. La massa trovata dai ricercatori supporta la teoria secondo cui le supernove hanno svolto un ruolo chiave nel fornire polvere all'universo primordiale.

La polvere cosmica è un elemento costitutivo di molti oggetti nel nostro universo, i pianeti in particolare. Quando una stella muore diffonde polvere nello spazio, rendendola disponibile durante la nascita delle successive generazioni di stelle e dei loro pianeti intorno. Da dove arrivi questa polvere è però una domanda ancora aperta e senza risposte definitive. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, l’esplosione di supernove potrebbe essere una fonte significativa di polvere cosmica: il gas residuo infatti, espandendosi e raffreddandosi, formerebbe la polvere.

Finora le prove dirette di questo fenomeno erano scarse.

Con le nostre precedenti capacità, è stato possibile studiare le polveri in una sola supernova relativamente vicina, la Supernova 1987A, a 170 mila anni luce dalla Terra, osservata dal radio telescopio Alma», spiega l’autrice principale del recente studio, Melissa Shahbandeh della Johns Hopkins University e dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland.

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«Quando il gas si raffredda a sufficienza per formare la polvere, questa è rilevabile solo a lunghezze d’onda del medio infrarosso, a patto di avere una sensibilità sufficiente». Per questo era necessario attendere Webb. Le osservazioni fatte dal telescopio spaziale infrarosso sono state quindi il primo importante passo avanti nello studio della produzione di polvere dalle supernove: per studiare stelle più distanti di Sn1987A, come la Sn 92004et e la Sn 2017eaw – che si trovano a circa 22 milioni di anni luce di distanza nella galassia Ngc 6946 – lo strumento Mid-Infrared Instrument di Webb è essenziale. Offre infatti una combinazione perfetta fra ampiezza di copertura in termini di lunghezza d’onda ed elevata sensibilità. Un altro risultato particolarmente intrigante della ricerca è la misura della quantità di polvere rilevata nella fase iniziale della vita della supernova, in una piccola frazione della sua età totale: in Sn 2004et, i ricercatori hanno infatti trovato più di 5 mila masse terrestri di polvere, il quantitativo più elevato mai misurato in una supernova dopo lo studio di Sn 1987A. 

Ma quanta di questa polvere riesce a sopravvivere agli shock interni che si riverberano in seguito all’esplosione della stella? Questo è il nuovo quesito che si sono posti gli scienziati. La presenza di una tale quantità di polvere in una determinata fase della vita di Sn 2004et e Sn 2017eaw suggerirebbe che essa possa effettivamente sopravvivere all’onda d’urto, rendendo le supernove importanti “fucine” di polvere cosmica. Inoltre, secondo il team di ricerca, le stime attuali della massa misurata potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. Se da un lato l’occhio infrarosso di Webb ha permesso ai ricercatori di misurare polveri più fredde di sempre, dall’altro potrebbero essercene altre ancora più fredde, non rilevate poiché irradiano a lunghezze d’onda ancora più rosse o perché rimangono oscurate dagli strati di polvere più esterni. Infine, le osservazioni finora fatte hanno dimostrato agli astronomi che galassie giovani e lontane sono piene di polvere. Tuttavia, queste non sono abbastanza vecchie da aver consentito alle stelle di massa intermedia come ad esempio il Sole, che hanno un tempo di vita più lungo, di fornire polvere durante il processo di “invecchiamento”. In quelle galassie, infatti, solamente le stelle più massicce e meno longeve – e presenti in maggiore quantità – avrebbero avuto il tempo di collassare per creare tanta polvere.

Questi interrogativi sottolineano come le nuove scoperte siano solo un accenno alle nuove possibilità di ricerca sulle supernove e sulla polvere stellare aperte dal James Webb Space Telescope. Le supernove Sn 2004et e Sn 2017eaw sono solo i primi due dei cinque target inclusi nell’ambito del programma di osservazione Webb General Observer 2666. «C’è un crescente entusiasmo nel capire come e se la polvere potrà fornire anche informazioni sul nucleo della stella che l’ha prodotta esplodendo», conclude Ori Fox, ricercatore allo Space Telescope Science Institute e a capo del programma di osservazione con Webb. «Sicuramente in futuro, dopo aver esaminato tutti i risultati, i colleghi del team troveranno ulteriori strade per studiare queste supernove polverose».

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