Nasa, il telescopio Webb conferma il tasso di espansione dell’universo ma la fonte dell’accelerazione resta un mistero

I dati raccolti dalla Nasa con il telescopio Webb

Photo credit: La galassia NGC 5468 (Webb NIRCam + Hubble WFC3). NASA, ESA, CSA, STScI, Adam G. Riess (JHU, STScI)
Photo credit: La galassia NGC 5468 (Webb NIRCam + Hubble WFC3). NASA, ESA, CSA, STScI, Adam G. Riess (JHU, STScI)
di Mariagiovanna Capone
Lunedì 18 Marzo 2024, 18:57
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Le osservazioni del telescopio spaziale James Webb confermano che il tasso di espansione dell’Universo misurato negli ultimi 34 anni dal telescopio Hubble è corretto, ma non riescono ancora a spiegare perché questo valore sia diverso da quello atteso sulla base della mappatura della radiazione fossile del Big Bang effettuata dal satellite europeo Planck.

O meglio, l'attuale tasso di espansione dell'universo è più veloce di quello che gli astronomi si aspettano che sia, in base alle condizioni iniziali dell'universo e alla nostra attuale comprensione dell'evoluzione dell'universo. Gli scienziati che usano il telescopio spaziale Hubble della NASA e molti altri telescopi trovano costantemente un numero che non corrisponde alle previsioni basate sulle osservazioni della missione Planck dell'ESA (Agenzia Spaziale Europea). La risoluzione di questa discrepanza richiede una nuova fisica? O è il risultato di errori di misurazione tra i due diversi metodi utilizzati per determinare il tasso di espansione dello spazio?

Esclusa la possibilità che questa discrepanza sia dovuta a errori di misurazione, resta dunque da capire se sfugga ancora qualcosa dell'evoluzione del cosmo, come indica lo studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters da un gruppo internazionale di ricerca guidato dal Premio Nobel per la fisica Adam Riess.

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Il tasso di espansione dell'Universo è un parametro fondamentale perché permette di calcolare l'età del cosmo, la distanza tra galassie e via dicendo. Prima del lancio di Hubble nel 1990, le osservazioni effettuate con i telescopi terrestri rivelavano enormi incertezze, indicando un'età del cosmo compresa tra 10 e 20 miliardi di anni. Negli ultimi 34 anni il telescopio spaziale Hubble ha ridotto questa forbice, indicando un'età di 13,8 miliardi di anni, attraverso la misurazione della distanza da particolari indicatori, le stelle variabili Cefeidi. Il valore di Hubble non concorda però con altre misurazioni che implicano che l’Universo si sia espanso più velocemente dopo il Big Bang: queste osservazioni sono state effettuate grazie alla mappatura della radiazione cosmica di fondo a microonde effettuata dal satellite Planck dell'Agenzia Spaziale Europea. Questa discrepanza è nota come tensione di Hubble e resiste tuttora, anche dopo le nuove misurazioni ultra precise del telescopio Webb gestito dalle agenzie spaziali di Stati Uniti, Europa e Canada.

«Una volta annullati gli errori di misurazione, ciò che rimane è la reale ed entusiasmante possibilità che abbiamo frainteso l’Universo» afferma Adam Riess della Johns Hopkins University di Baltimora, che nel 2011 ha vinto il Nobel per aver contribuito a scoprire che l’espansione del cosmo sta accelerando a causa della misteriosa energia oscura.

Per risolvere l'enigma della tensione di Hubble bisognerà probabilmente attendere i dati della missione Euclid, lanciata nel luglio 2023 dall'Esa, e il prossimo telescopio spaziale Nancy Grace Roman della Nasa.

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