Tutti pazzi per la Luna: è corsa alle zone inesplorate

Dopo il fallimento della missione Peregrine la Nasa ha posticipato i nuovi programmi al 2025. Ma ci sono altri Paesi in rampa di lancio per tornare sul nostro Satellite. A cominciare da Cina e Giappone. Senza dimenticare i successi dell’India

Tutti pazzi per la Luna: è corsa alle zone inesplorate
di Anna Guaita
Mercoledì 17 Gennaio 2024, 12:53 - Ultimo agg. 18 Gennaio, 06:49
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Le missioni dovevano essere 20, ma la Nasa si fermò a 17.

E da quel momento, nessun uomo ha più messo piede sulla Luna. Sapendo che Apollo 17 avrebbe chiuso un’era, l’astronauta Eugene Cernan, il dodicesimo astronauta a visitare il nostro satellite, lasciò una targa che recitava: «Qui l’uomo ha completato la sua prima esplorazione della Luna, dicembre 1972, d.C. Possa lo spirito di pace con cui siamo venuti riflettersi nella vita di tutta l’umanità». L’augurio non ha avuto effetto. Dopo innumerevoli guerre, insurrezioni, attacchi terroristici, pandemie, catastrofi ambientali e sofferenze sulla terra, l’uomo vuole tornare sulla Luna, in gran parte per vedere se è possibile sfruttarne il suolo e usarla come trampolino di lancio verso altri pianeti, Marte in particolare, dove forse l’umanità potrà creare una nuova civiltà. 


LA COMPETIZIONE

La lista dei Paesi che stanno lavorando per arrivarci è ben più lunga di quella che segnò la prima stagione, quando solo Usa e Urss si contendevano il primato dell’esplorazione dello spazio vicino. Oggi il grande rivale per la Nasa non è più solo Mosca, ma Pechino, che insieme ai russi programma di costruire una vera e propria stazione di ricerca sul satellite. E la Cina ha già compiuto due allunaggi morbidi nel 2013 e nel 2019, quest’ultimo sul lato oscuro della Luna, primo Paese a esplorarlo. L’allunaggio morbido è un successo che finora solo quattro Paesi hanno potuto realizzare, gli Usa, la Russia, la Cina e l’India, il cui lander Vikram è atterrato sulla superficie lunare lo scorso agosto con una manovra impeccabile, depositandovi il rover Pragyan. Se tutto andrà bene il 19 gennaio, la lista degli atterraggi morbidi includerà anche il Giappone, che spera di portare a compimento il quinto della serie, ma eseguendolo con “alta precisione”, e cioè entro cento metri dal punto prestabilito. Secondo la JAXA, la società spaziale giapponese, la missione potrebbe inaugurare una stagione di esplorazione a costi inferiori e più fruttuosa, perché la precisione degli atterraggi permetterà di accedere ad aree di elevato interesse scientifico invece di zone di atterraggio più sicure ma più generiche. E va ricordato che l’eccellente risultato dell’India la scorsa estate è avvenuto pochi giorni dopo che la navicella russa Luna-25 si è schiantata sul suolo lunare.
L’insuccesso di Mosca è stato bruciante, perché Luna-25 doveva segnare il ritorno alla grande della Russia sul satellite, dopo quasi 50 anni di tramonto del suo programma di esplorazione dello spazio vicino. Il fallimento russo non è comunque un fenomeno unico. Solo pochi giorni fa anche gli Usa hanno annunciato la fine anticipata della missione Peregrine, parte della collaborazione fra la Nasa e l’industria spaziale privata. Dopo un lift off perfetto e brindisi di felicità, Astrobotic, la società costruttrice di Peregrine, ha scoperto che la navicella perdeva propellente. E senza carburante a sufficienza, le possibilità di atterrare dolcemente sono scese a zero. Gli Usa ci dovrebbero riprovare a giorni, con un’altra navicella di costruzione privata, la Nova-C prodotta da Intuitive Machines, che sarà lanciata con un razzo vettore della Space X ed è destinata ad atterrare vicino al polo sud della Luna. Nova-C, come già Peregrine, porta un carico scientifico e tecnologico che dovrebbe gettare le basi per le missioni umane e per una presenza umana sostenibile sulla superficie lunare. Il fallimento di Peregrine ha però costretto la Nasa ad annunciare un ritardo nel primo lancio di una nave con a bordo astronauti. Adesso le missioni Artemis 2, destinata a orbitare intorno alla Luna, e Artemis 3 che dovrebbe riportare gli astronauti, incluso la prima donna, a camminare sul suolo lunare slittano di un anno, rispettivamente al 2025 e al 2026. 
Ma a puntare sul nostro satellite ci sono anche altri Paesi, come gli Emirati Arabi Uniti, la Corea del sud, il Sudafrica, la Turchia, per non parlare dell’Unione Europea, che collabora sia con la Nasa che con il Giappone. 
La nuova corsa alla Luna più di 50 anni dopo la gara Usa-Urss scaturisce in buona parte da pressioni geopolitiche non dissimili da quelle che portarono il presidente John Kennedy a lanciare l’esplorazione della «nuova frontiera». La scoperta, proprio con un lander Usa, della possibile esistenza di acqua congelata ai due poli del satellite ha aperto un nuovo capitolo. L’ipotesi di sfruttare il suolo lunare con i suoi metalli preziosi, di utilizzare le sue probabili riserve di acqua per mantenervi una presenza umana e costruirvi una base per andare in esplorazione di altri pianeti ha acceso l’interesse di investitori anche come gli ultramiliardari Musk e Bezos. Ma chi credeva che tornare sulla Luna sarebbe stato uno scherzetto - dopotutto l’uomo ci è già andato varie volte, no? – è deluso. Tutti faticano a produrre una tecnologia adatta alla complessità della missione. Sono più di 50 anni che non si costruiscono landers, e la tecnologia non si è sviluppata insieme a tutte le altre.

Di fatto si deve reinventare tutto daccapo, visto che la tecnologia usata negli anni 60-70 è totalmente inutilizzabile oggi e altamente pericolosa. La nuova corsa alla luna non sarà dunque una passeggiata, ma un cammino lungo e accidentato, in cui, come Peregrine ci ha dimostrato, sarà meglio non stappare lo champagne fino a che non si sia dolcemente toccato il suolo lunare.

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