Un amore che naufraga nella violenza, una donna definita dai giudici «vittima psicologica, fisica ed economica del marito» e due figli che assistono alle violenze del padre sulla madre. Il contesto è quello dell’agro nocerino sarnese e, quando lei trova il coraggio di denunciare e andarsene di casa, si trasferisce a Napoli. È qui che arriva la sentenza per certi versi «innovativa» perché i giudici del tribunale dei Minori di Napoli riconoscono ai due figli lo status di vittime di violenza assistita e, contrariamente a quanto avviene di solito, emette un decreto «coraggioso» facendo decadere la genitorialità del padre perché - si legge nelle motivazioni - «la storia della coppia è palesemente pregiudizievole per i minori».
LA MOTIVAZIONE
Per i giudici il padre «non è assolutamente in grado di svolgere rettamente il suo ruolo genitoriale», per i giudici i figli devono essere affidati alla madre che risulta «al di là di un evidente recupero delle proprie fragilità emotive, immune da censure». Anche perché l’uomo, secondo i giudici che fanno proprie le relazioni dei Servizi sociali, «manifesta la tendenza a deresponsabilizzarsi dalle vicende familiari, attribuendo all’esterno (in primis alla moglie e allo Stato corrotto) le cause della condizione nella quale versa mostrando autorefenzialità, scarsa consapevolezza e tendenza alla negazione quale meccanismo di difesa rispetto alle criticità».
IL PARERE
«Da avvocato familiarista plaudo al provvedimento del Tribunale per i Minorenni che, nel caso di specie, ha punito con la sanzione più grave il comportamento di un padre irresponsabile. La violenza assistita, infatti, causa effetti devastanti a livello emotivo e si concretizza ogni qualvolta un minore assiste in casa a scene di aggressività, diventando così -come nel caso di specie- spettatore inconsapevole dei comportamenti violenti che uno dei genitori attua sull’altro. In queste contorte dinamiche il minore resta schiacciato dall’ansia di protezione verso il genitore più debole e, quindi, ingabbiato dal senso di difesa nei suoi confronti, perdendo così la spensieratezza e diventando preda di angosce gravissime - commenta l’avvocato Alba De Felice, presidente onorario dell’Ami (Associazione matrimonialisti italiani) - Pertanto, in questi casi, considerato l’enorme ed irreversibile pregiudizio patito dal bambino, soprattutto se in tenera età, risulta davvero indispensabile la sua messa in protezione, unitamente al genitore vittima, oltre ai percorsi di supporto psicologico e quindi ad un costante monitoraggio.