Sul palco del Teatro Eduardo De Filippo, diretto artisticamente da Roberta Stravino e sito in via Giuseppe Verdi n. 25-37, da oggi giovedì 14 a sabato 16 marzo arriverà il duo Massimo Ghini e Paolo Ruffini con “Quasi amici”, con l’adattamento e la regia di Alberto Ferrari e con in scena Claudia Campolongo, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Giulia Sessich, Diego Sebastian Misasi. Le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Stefano Giovani, il disegno luci di Pietro Sperduti, l’assistente alla regia è Cristiano Malacrino, il video è di Robin studio e le foto di Claudio Porcarelli. La produzione esecutiva è di Michele Gentile e la produzione Enfiteatro.
“Quasi Amici”, tratto dal film di di Eric Toledano e Olivier Nakache, racconta di due uomini completamente diversi tra loro.
Inoltre possiedono un dono che ognuno può donare all’altro: la leggerezza. È l’assenza di leggerezza, più̀ che la malattia, che tiene ancorato sulla sedia Philippe, la sua pesantezza della vita, della sua percezione del mondo, che lo inchioda a decisioni sbagliate con la figlia adottiva, con i suoi collaboratori, ma soprattutto con sé stesso. Non si perdona mai.
L’’altro uomo ha fatto della sua leggerezza un modo per non occuparsi di nulla, di scansare ogni problema, ogni profondità, ogni disagio. Una leggerezza frivola, gassosa, che lo porta a risolvere tutto con il corpo, fisicamente e caso strano, pesantemente. Una leggerezza che ha la pesantezza di un dirigibile senza l’idrogeno. Una leggerezza senza controllo.
«Per la regia – come spiega Ferrari - mi sono immaginato un grande spazio aperto, un grande panorama illuminato come una giornata estiva, una notte autunnale, un pomeriggio piovoso. E un piano inclinato che dirada verso il proscenio e che racchiuda al suo interno tutti i luoghi della vicenda, che si aprono e diventano a volte studio, camera da letto, salotto, a volte ristorante eccetera. Ma poi richiudendosi all’interno del praticabile ci restituiscono solo una pianura inclinata in cui far scivolare dolcemente la sedia a rotelle o faticosamente spingerla in salita».
«Un non luogo esterno - incalza ancora il regista - che potrebbe essere una spiaggia con il mare davanti, la platea, o un prato dove volano i parapendii e dove nel finale, per realismo magico, seguendo un aquilone che Driss fa volare nel vento di un pomeriggio, Philippe finalmente acquisisce la sua leggerezza e si stacca dalla sua sedia a rotelle e vola come se fosse sul parapendio lasciando finalmente quella sedia che lo schiacciava verso la gravità più̀ pesante del mondo. Philippe ha perso la gravità. Ha imparato la leggerezza e Driss, la leggera profondità̀ che non lo fa volare e tiene Philippe ancorato a sé, come un riferimento importante. La loro amicizia, una centratura, per vivere ed essere uomini un po’ più̀ consapevoli della meraviglia e poter ridere, finalmente a crepapelle»