Un manifesto politico di grandi dimensioni con la firma in calce di Gioacchino Napoleone, re delle Due Sicilie, datato maggio 1811. Un giornale del viaggio da Napoli a Madrid di Francesco I e sua moglie tra 1829 e 1830. E una lettera manoscritta di Maria Amalia di Borbone indirizzata a Ferdinando II. Sono tra i 300 documenti storici databili dal 1500 al 1800 e restituiti al Fondo Borbonico dell'Archivio di Stato dal Nucleo Tutela del patrimonio culturale dei carabinieri di Napoli. L'importante ritrovamento è stato illustrato dal comandante del Nucleo dell'Arma, Massimiliano Croce e dalla direttrice dell'Archivio di Stato di Napoli, Candida Carrino, alla presenza del Soprintendente Archivistico per la Campania, Gabriele Capone e dalla delegata per Napoli e la Campania del Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio, Federica de Gregorio Cattaneo. «Sono documenti recuperati attraverso un monitoraggio che facciamo sul web - spiega il capitano Croce - sulle piattaforme di e-commerce più note dove vengono piazzati questi beni che hanno natura demaniale di inestimabile valore. Abbiamo svolto per diversi anni indagini che ci hanno permesso di risalire a privati ma anche ad esercizi commerciali che li vendevano. A dimostrazione che c'è un mercato abbastanza fiorente».
Sono tornati così alla legittima proprietà demaniale oltre 300 documenti storici riconducibili al periodo borbonico e custoditi presso l'Archivio di Stato di Napoli. L'attività investigativa, coordinata dalle Procure della Repubblica di Parma, Napoli nord, Salerno e Santa Maria Capua Vetere, ha permesso di individuare e sottoporre a sequestro beni di notevole importanza storico-culturale, ricollocandoli laddove erano stati trafugati decenni fa. Da ieri dunque la consegna che avvalora l'importanza della collaborazione tra Arma dei carabinieri e enti pubblici e privati, che ha permesso l'individuazione delle importanti testimonianze storiche nonostante alcuni documenti non fossero mai stati inseriti nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti, il più grande database di opere d'arte rubate al mondo gestito dal comando per la Tutela del patrimonio culturale.
E sulla possibilità che in passato la scarsa sicurezza sia stata una delle cause dei furti, la direttrice aggiunge: «Non direi così, piuttosto i controlli erano diversi. Oggi abbiamo una schedatura elettronica di tutti coloro che vengono a toccare e studiare i documenti, per cui noi sappiamo chi li ha visti. Prima non c'erano questi sistemi: si veniva qui, ci si registrava e si chiedeva il documento su un foglietto volante. Parliamo di furti avvenuti moltissimi anni fa, quando non c'erano sistemi di allarme, né telecamere». Per Capone «è un importante, prestigioso e straordinario ritrovamento che si innesta in un lavoro quotidiano che facciamo con il Nucleo dei carabinieri, che consente il recupero di pergamene, documenti archivistici e volumi sottratti illegalmente da archivi e biblioteche molto spesso non adeguatamente sorvegliate ma anche perché i sottrattori sono estremamente abili».